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I vertici “cambiano verso”: 4 donne presidenti. “Ma non contano nulla”

ROMA – Emma Marcegaglia diventa presidente in Eni, Patrizia Grieco in Enel, Luisa Todini alle Poste Italiane e Catia Bastioli a Terna. Le presidenze delle aziende di Stato “cambiano verso” ma, sembra, solo formalmente.

Quanto incidono infatti queste nuove nomine? Secondo Carlo Di Foggia, poco o nulla. Scrive il giornalista su Il Fatto Quotidiano:

“Il presidente di queste società ha di norma un ruolo istituzionale di rappresentanza, tutt’al più ha il potere di condividere le scelte dell’ad. In Eni, la responsabilità sull’audit, cioè sulle funzioni di controllo interne all’azienda, serve ad aprire i cassetti, ad esempio quelli dell’ufficio di Mosca che custodisce gli onerosi contratti Take or pay, la cui rinegoziazione è stata finora gestita in prima persona dall’ex ad Paolo Scaroni. Vista la nomina del fido Claudio Descalzi la continuità nella gestione è assicurata. Ad oggi, le deleghe al presidente – che sono fissate dallo statuto e per cambiarle serve il voto dell’assemblea dei soci – si limitano “alla individuazione di progetti internazionali di rilevanza strategica”. L’unico barlume di operatività è dato dalla condivisione delle scelte sulla nomina e sui compensi del responsabile audit. In Enel questa funzione è affidata ad un collegio, dove siede anche il presidente . Un po’ poco, ma pur sempre meglio di Terna, dove alla presidenza non tocca alcuna delega ma solo “un ruolo istituzionale di raccordo tra gli organi sociali e di social responsability”. Stesso discorso per Poste: solo funzioni di garanzia”

Non solo, secondo Carlo Di Foggia vi sono alcuni punti oscuri anche in merito ai curriculum delle 4 donne scelte:

“Ad eccezione di Grieco, i nuovi presidenti hanno ereditato imperi familiari. Bastioli – che guida la Novamont, azienda novarese leader nella produzione di chimica – non ha competenze nel settore delle infrastrutture di rete, ma vanta un profilo da scienziato di fama: ha brevettato il Mater-Bi, la plastica pulita usata per i sacchetti della spesa. Marcegaglia, ex presidente di Confindustria, guida l’impresa di famiglia che produce tubi d’acciaio, ma si è sempre occupata delle attività collaterali, lasciando la gestione al fratello, preferendo coltivare la carriera all’interno dell’associazione degli industriali. Todini, membro del cda Rai (dal 2012, eletta in quota Lega/Pdl), è presidente della Todini Costruzioni Generali e di Todini Finanziaria. Grieco è dal 2013 presidente esecutivo di Olivetti, dove è arrivata nel 2008 prima come ad, poi diventando anche presidente e mantenendo entrambe le cariche fino al marzo 2013. Sedeva consigli di amministrazione di Fiat Industrial e Italgas. La competenza nei settori delle aziende di cui assumeranno la presidenza non sono il loro punto forte. Ma non lo era neanche dei loro predecessori, che però finora hanno portato a casa stipendi milionari. Finora, perchè insieme ai nomi Renzi ha voluto cambiare anche gli stipendi”

 Il taglio degli stipendi:

Non potendo tagliare quelli degli amministratori delegati delle società pubbliche quotate (e, come Poste, che collocano obbligazioni sul mercato), il premier ha puntato sugli assegni per i presidenti. Il Tesoro proporrà alle assemblee dei soci di fissare il tetto a 238 mila euro (l’assegno del presidente della Repubblica). Per dare l’idea, nel 2013 il predecessore della Marcegaglia in Eni, Giuseppe Recchi ha guadagnato 1,22 milioni di euro; il presidente di Enel, Paolo Andrea Colombo poco più di 1,2 milioni; Gianfranco Ialongo alle Poste ha portato a casa 900 mila euro. L’unico in linea con i nuovi piani del governo è Gianni De Gennaro (confermato a Finmeccanica): il suo assegno è sotto i 300 mila euro”

Claudia Montanari

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