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Surrogacy Underground: maternità surrogata in Europa raccontata in un documentario

27 Marzo 2023 - di Claudia Montanari

Si intitola “Surrogacy Underground” il documentario che racconta la maternità surrogata e realizzato da Rossella Anitori e Darel Di Gregorio, giornalisti e registi, presentato il 14 marzo a Milano nell’ambito di “Sguardi Altrove, international women’s film festival” e ora online on demand su wildmovieproduction.com.

“E’ un lavoro etnografico durato tre anni e certo non ci aspettavamo che all’uscita del film ci sarebbe stato questo dibattito infuocato sulla maternità surrogata”, racconta Anitori.

“Abbiamo deciso di affrontare questo tema perché ci affascinava l’idea che questa tecnica allargava il concetto di famiglia ad altri componenti – aggiunge Di Gregorio – Siamo partiti da letture molto critiche sull’argomento, andando a scavare ci siamo resi conto che le fonti erano sempre le stesse e che riguardavano casi molto datati e soprattutto paesi molto lontani geograficamente e anche culturalmente dall’Europa”.

Maternità surrogata in Italia, Grecia e Gran Bretagna

Anitori e Di Gregorio hanno quindi esaminato la situazione di tre casi: Italia, Grecia e Gran Bretagna.

In Grecia la maternità surrogata è legale ed aperta anche ai cittadini di altre nazioni, ma è proibita per coppie omosessuali e prevede l’anonimato della gestante. “Per quei paesi in cui la sterilità è ancora uno stigma, la coppia, effettuando la gpa in Grecia, potrà scegliere di non dire mai al proprio figlio o ad altri di aver fatto ricorso a quella tecnica”, spiegano i registi.

In Inghilterra è possibile dagli anni Ottanta ed è “altruistica”, le donne che si offrono di aiutare altre famiglie vengono messe in contatto tramite associazioni oppure sono amiche o parenti. Devono avere già una famiglia propria e non fare più di una gravidanza per altri, a meno di non portare in grembo un fratello o una sorella della stessa famiglia. “Spesso le mamme surrogate stanno a pochi chilometri e nelle feste comandate si ritrovano tutti insieme, come una famiglia allargata”, racconta Di Gregorio.

“In Italia invece – spiega Anitori – abbiamo trovato tante coppie che devono andare all’estero perché, come succede in molti Paesi europei, hanno problemi di infertilità o di malattie cancerogene. “Noi siamo partiti con l’idea della gpa – gestazione per altri, ndr – come sfruttamento ma nel nostro viaggio non abbiamo trovato donne sfruttate o che abbiano cambiato idea. Casomai donne che – continua – avevano una modalità forte di approccio alla gestazione, che non è la maternità”.

Manca la parola delle interessate

“Quello che manca nel dibattito in corso è la parola delle persone direttamente interessate, dalle gestanti alle coppie, ai figli. Inoltre non si racconta il coinvolgimento emotivo di tutte le persone coinvolte in questa diversa modalità di fare famiglia – dice Di Gregorio -. Le coppie arrivano alla gpa dopo anni di tentativi con altre tecniche o tentativi di adozione e – nel caso italiano – si devono affidare completamente a cliniche straniere che avranno il controllo dei loro gameti, mentre la gestante si deve fidare della coppia”. Ma avere figli è un diritto di tutti? “A questa domanda – conclude Di Gregorio – può rispondere solo chi si trova nella situazione di non potere averne”.