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Protesi mammarie: sono sicure? Veronesi risponde alle domande

Lo scandalo delle protesi mammarie Pip, protesi non conformi con gli standard europei e che erano prodotte con gel industriale usato per materiali sintetici e non compatibili con il corpo umano, ha generato, comprensibilmente, molta paura nelle donne che le hanno applicate e temono adesso eventuali effetti dannosi. Le domande e i dubbi a riguardo, soprattutto per coloro che ancora hanno in corpo le protesi Pip, sono molte.

Ha risposto alle numerose domande Paolo Veronesi, direttore chirurgia senologica integrata, Istituto Europeo di Oncologia a Milano, e su il “Corriere della Sera” si legge: ” La relazione pericolosa tra protesi-cancro e stata provata, in letteratura, solo con una rara forma di linfoma che origina dalla capsula intorno alla protesi di cui sono stati documentati ad oggi soltanto 75 casi nel mondo e 4 casi di donne decedute: il rischio è dunque assolutamente trascurabile e non è associato ad un tipo particolare di protesi. In realtà, secondo alcuni studi, il rischio di tumore al seno sembra addirittura ridotto del 30 per cento nelle donne portatrici di protesi a fini estetici. In Francia, dove è scoppiato il caso sulle difettose protesi Pip, è stato deciso di proporre l’espianto preventivo di tutte le Pip poiché non si possono escludere possibili effetti tossici del silicone utilizzato, anche se un rischio cancerogeno è stato escluso. Questo vuol dire sottoporre circa 30mila donne a un intervento chirurgico con tutti i rischi (anche anestesiologici) ad esso connessi: un prezzo a mio parere troppo alto”. 

Secondo Veronesi, poi, veri effetti cancerogeni delle protesi non sono ancora stati dimostrati, sottolineando, comunque, che non essendo tutte uguali (per esempio la forma, che spesso è molto diversa da protesi a protesi), non può essere fornito un dato certo.

Tranquillizza, ancora, che tutte le protesi utilizzate ora sono marcate CE (Comunità Europea) e quindi sicure. È anche vero che anche le protesi a marchio Pip erano marcate CE e dunque, conclude Veronesi “questa vicenda insegna che bisogna prestare maggiore attenzione quando si approva ufficialmente un prodotto”.

Claudia Montanari

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