Il velo non è un'invenzione islamica: è nato in Occidente

Il velo non è un’invenzione islamica: è nato in Occidente

29 Agosto 2016 - di Silvia_Di_Pasquale

ROMA – Il velo non è un’invenzione islamica. Fin dall’antichità le donne hanno sempre avuto il capo coperto. Chi lo considera solo un oggetto di sottomissione femminile ha la mente corta: fu infatti San Paolo a codificarlo come simbolo di assoggettamento della donna all’uomo. Negli ultimi anni il velo è diventato soprattutto terreno di confronto/scontro tra culture diverse, quella occidentale e quella islamica. Basta pensare al recente provvedimento anti-burkini in Costa Azzurra

Il tentativo di “rimozione culturale” della donna cristiana velata, perpetrato dai paladini delle libertà femminile, si arena di fronte alla realtà stessa: il velo è stato ed è (anche) occidentale. Basta dare un’occhiata alle foto risalenti a qualche generazione fa, per rendersi conto che le nostre nonne lo utilizzavano senza troppi problemi, anche per motivi pratici: proteggeva dal sole e permetteva di uscire senza badare troppo all’acconciatura, elementi di fondamentale importanza per chi lavorava nei campi. Altre lo indossavano per andare in Chiesa, come segno distintivo di eleganza e raffinatezza.

LA STORIA   La tradizione del velo affonda le sue radici in tempi molto remoti. Già nell’Antico Testamento Rebecca si copre il capo quando vede il futuro marito Isacco. Anche Penelope fa la stessa cosa prima di incontrare i Proci. Si narra che nell’antica Roma, Gaio Sulpicio Gallo avesse ripudiato la moglie perché uscita di casa senza velo. Le vestali colpevoli venivano sepolte vive con la testa velata. In generale, le statue greche e soprattutto romane, che esaltavano la virtù delle donne aristocratiche, le ritraevano velate.

E’ stato San Paolo a formalizzare l’uso del velo quale simbolo di sottomissione. Nella Prima lettera ai Corinzi specifica che “Ogni donna che prega senza velo manca di rispetto al proprio capo. L’uomo è gloria di Dio, la donna gloria dell’uomo. Per questo deve portare sulla testa un segno della sua dipendenza”. Con Tertulliano il velo diventa un obbligo.

Dopo le prime Crociate in Europa si diffuse il gusto per i veli trapunti d’oro e d’argento, di sete multicolori. L’eleganza femminile era caratterizzata anche dal modo di portare il velo sul capo e attorno al viso. Successivamente nacque l’arte dei “velari” o “velettari”: a Firenze, a Venezia, a Torino. Il velo iniziò a perde progressivamente la sua importanza dalla fine del Quattrocento, rimanendo però in uso tra le vedove e le donne che avevano raggiunto un’età matura. Ancora oggi è parte integrante di costumi tradizionali sardi.

E nel Corano? Le donne le donne che abitavano nella penisola araba lo indossavano già prima dell’avvento dell’islam. Bruno Nassim Aboudrar, docente di Estetica all’Università Paris 3-Sorbonne Nouvelle, spiega a Io Donna:

“È menzionato una sola volta e non è legato alla religione: è semplicemente il modo, per le spose dei credenti, per essere riconosciute e rispettate. Velate, le spose dei credenti sono diverse dalle schiave che non hanno il diritto di portare il velo (…) Solo quando l’Islam instaura una cultura che discrimina le donne e le nasconde negli harem. In altri termini, in principio l’hijab non ha alcun significato simbolico religioso. Viene diffuso da quel sistema che discrimina le donne e le nasconde“.

TIPI DI VELO ISLAMICO – Per quanto riguarda la tradizione islamica, esistono vari tipi di velo. Ognuno di essi è legato all’area di appartenenza geografica e ne esprime la cultura, oltre alla religione. Ecco i più importanti.

Hijab. Velo che copre il capo, il collo e le orecchie. In generale, la parola è utilizzata per riferirsi al copricapo che adempie alle norme minime di velatura delle donne musulmane.

Burqa o burka. Capo d’abbigliamento, solitamente blu o nero, usato per lo più dalle donne afghane e pakistane. Il termine deriva dalla parola persiana purda (parda), che significa “cortina”, “velo”, lo stesso significato astratto di hijab. All’altezza degli occhi ha posta una retina, che permette a chi lo indossa di vedere all’esterno. La parola “burkini“, che fa riferimento a un particolare tipo di costume da bagno, è un neologismo che unisce i termini burqa e bikini. Tuttavia, non copre il volto come nel burqa, ma è più simile all’hijab.

Niqab. Velo nero che copre l’intero corpo della donna, compreso il volto, lasciando scoperti solo gli occhi. E’ composto da due parti: la prima caratterizzata da un primo fazzoletto traspirante, posto al di sotto degli occhi per coprire naso e bocca; la seconda da un altro pezzo di stoffa più grande, da legare dietro la nuca, che non lascia vedere i capelli e cade morbido lungo le orecchie.

Abaya. Lunga tunica di colore nero che copre tutto il corpo, dal collo in giù, lasciando scoperti testa, mani e piedi. Può essere indossata con il niqab.

Chador. Velo tradizionale iraniano che copre la donna da capo a piedi, generalmente nero ma può avere anche piccoli fiorellini. Raro nella classe borghese, è usato nei ceti medi e bassi. E’ obbligatorio per entrare nei mausolei.

Silvia Di Pasquale.

Fonti:

Wikipedia

IoDonna

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Treccani

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