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Figli di coppie gay, il centrodestra blocca il certificato europeo di filiazione

Siamo in Europa nel 2023 e, in Italia, i diritti dei figli di coppie gay finiscono al centro del dibattito politico. Dopo che il Comune di Milano è stato costretto ad interrompere le registrazioni dei figli nati da coppie omogenitoriali in Italia in base a una circolare del ministero dell’Interno attraverso il prefetto, ad accendere la polemica è stato il no del centrodestra al certificato europeo di filiazione.

Questo certificato è importante perché prevede che la genitorialità stabilita in uno Stato membro venga riconosciuta in ogni altro Stato membro, senza alcuna procedura speciale, che si tratti di figli di coppie eterosessuali, omogenitoriali, figli adottati o avuti con la maternità surrogata dove è consentita.

La commissione Politiche europee del Senato ha infatti approvato con 11 voti a favore su 18 una risoluzione della maggioranza (presentata dal relatore, l’ex ministro degli Esteri Giulio Santagata) contraria alla proposta di regolamento.

Compatte sul no invece tutte le opposizioni ma questo non è bastato per far passare la proposta. Il testo della risoluzione – presentata da Terzi – sostiene che l’obbligo di riconoscimento del certificato Ue di filiazione non rispetta i principi di sussidiarietà e proporzionalità, per cui se venisse adottato sarebbe un’invasione del diritto europeo su quello nazionale.

In particolare sulla maternità surrogata, forma di procreazione assistita a cui ricorrono coppie gay ed eterosessuali attualmente vietata in Italia e che si teme venga aggirata con l’ok alla proposta di regolamento.

No del centrodestra la certificato europeo di filiazione, la reazione delle opposizioni

“Si trattava di riconoscere uguaglianza e civiltà. Ormai siamo alla destra ungherese”, commenta il deputato del Pd Alessandro Zan sui social dopo la bocciatura. Un concetto rafforzato dalla capogruppo del partito al Senato, Simona Malpezzi, secondo cui il “regolamento proposto dall’Unione europea non andava a intaccare per nulla ordinamenti e leggi italiane ma semplicemente faceva in modo che i figli, con uno status di figli in un determinato Paese della Ue, potessero avere lo stesso status di figli nel Paese europeo dove si spostano con i loro genitori, quindi mettendo al primo posto sempre il diritto prioritario dei minori”.

Con questa decisione “Giorgia Meloni e i suoi adepti si assumono una responsabilità clamorosa – commentano i senatori del Movimento 5 Stelle Dolores Bevilacqua e Pietro Lorefice -, portare un Paese come l’Italia sull’asse di Orban e della Polonia sulla materia di diritti”.

Parlando dello stop alle registrazioni dei figli delle coppie omogenitoriali a cui è stato costretto il Comune di Milano, il sindaco Sala lo definisce “un passo indietro politico e sociale” rimarcando ancora una volta il vuoto legislativo a cui i sindaci hanno dovuto sopperire e chiede una legge nazionale per consentire, come avviene in altri Paesi europei, la registrazione del figlio di una coppia dello stesso sesso.

Claudia Montanari

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