PARIGI – Donne e Isis, Sophie Kasiki, la storia: “Un viaggio all’inferno”. Si è arruolata spontaneamente nell’ISIS per combattere con il Califfo ma poi gli orrori visti e vissuti nell’Armata del Califfo l’hanno spinta a voler fuggire. Una fuga, ovviamente, non semplice. Non si può tornare indientro dall’ISIS infatti: o combatti o muori. Ora, Sophie Kasiki, è riuscita a fuggire e racconta l’inferno che ha vissuto. Purtroppo però Sophie è una delle poche donne occidentali a tornare nel proprio Paese d’origine sana e salva. La 27esima ora, blog del Corriere della Sera, racconta la storia di Sophie:
“Cattolica, congolese, giunta orfana a 9 anni a Parigi, Sophie faceva l’assistente sociale, aiutava le famiglie immigrate. Aveva deciso di convertirsi all’Islam (senza dirlo al marito ateo) per «riempire un vuoto»: poi conobbe tre giovani che nel settembre 2014 partirono per la Siria. Tenne i contatti, credendo di poterli convincere a tornare ma invece furono loro a «reclutarla». «Pian piano hanno fatto leva sulle mie debolezze. Sapevano che ero un’orfana convertita, sapevano che ero insicura…». Nel febbraio 2015, Sophie ha detto al marito che andava a Istanbul per lavoro, ha portato con sé il figlio, e ha seguito la rotta dei foreign fighters per la Siria. Pochi giorni dopo l’arrivo, l’utopia si è infranta: l’hanno portata in un ostello per straniere, dove i bambini guardavano video di decapitazioni mentre le madri applaudivano. Quando uno dei jihadisti francesi voleva portare suo figlio in moschea, lei s’è ribellata: l’ha punita con un pugno in faccia. «Noi donne non eravamo che uteri per dar figli all’Isis». È scappata lo scorso aprile con l’aiuto di una famiglia locale: in Francia è stata in prigione per due mesi e rischia d’essere incriminata per rapimento di minorenne. Ma è fortunata. Le occidentali che fuggono sono poche, non perché non ci siano «pentite», ma perché difficile: non parlano l’arabo, i passaporti vengono distrutti. Samra Kesinovic, austriaca di 17 anni, sarebbe stata trasformata in schiava sessuale e poi picchiata a morte perché tentava la fuga”.
Sophie ha raccontato che è stata la paura per il suo bambino di 4 anni, che sarebbe diventato un soldato jihadista, a farle aprire gli occhi:
“«Mi sono sentita così in colpa. Mi sono chiesta più volte come avrei mai potuto continuare a vivere dopo quello che avevo fatto soprattutto a mio figlio – ha raccontato la donna -. Ho cominciato a odiare quei mostri che mi avevano manipolato, sfruttato la mia ingenuità, la mia debolezza e insicurezza. Sono arrivata anche a odiare me stessa».
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