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Divorzio: se l’ex ha nuovo compagno, stop agli alimenti

10 Aprile 2013 - di Claudia Montanari

BOLOGNA – Se in caso di divorzio l’ex ha un altro/a, stop ad alimenti.  Lo spiega la Corte d’Appello di Bologna, che in una sentenza ha confermato la decisione del tribunale che aveva consentito ad un ex marito di smettere di corrispondere l’assegno dopo divorzio quando la donna aveva avviato una nuova relazione.

In sostanza, l’assegno di mantenimento di una coppia divorziata può  non durare in eterno e la famiglia “di fatto”, ovvero l’unione non ufficializzata in matrimonio, tra l’ex marito o ex moglie e il nuovo “compagno”, assume sempre più prerogative e diritti della famiglia tradizionale. Tramite sentenza.

Se l’ex coniuge ha una nuova famiglia di fatto l’ex marito può non corrisponderle più gli alimenti perché il nuovo legame, cioè la famiglia di fatto, “altera o rescinde la relazione con il tenore e il modello di vita caratterizzante la pregressa convivenza matrimoniale”.

L’8 Aprile scorso è stata depositata la sentenza, numero 394. La coppia, bolognese e senza figli, si era separata una decina di anni fa. In sede di separazione era stato stabilito un assegno che il marito doveva corrispondere. Quando però si era arrivati al divorzio, l’uomo aveva chiesto di non pagare più gli alimenti perché la donna aveva avviato nel frattempo una nuova stabile relazione. Il tribunale gli aveva dato ragione e così la donna aveva fatto appello. La Corte d’Appello (presidente Vincenzo De Robertis, relatore Fausto Casari, consigliere Lucio Montorsi) però ha confermato la prima decisione.

“Il nodo fondamentale della controversia – si legge nel documento – dalla cui soluzione dipende l’immediato esito o lo sviluppo del giudizio, è quello della compatibilità del diritto all’assegno divorzile con la instaurazione di una convivenza more uxorioda parte del potenziale avente diritto. Che nella fattispecie concreta tale convivenza esista è ormai pacificamente acquisito”. La parte appellante, spiega la Corte, “chiede che si applichi il criterio enunciato in legittimità da Cassazione sez.1 sentenza 24056 del 10-11-2006, che risolve il problema della precarietà di un tale tipo di relazione ammettendo il potenziale onerato a fornire la prova anche presuntiva del mutamento, in melius, conseguito a una instaurazione della relazione”.

La Corte invece, “conformemente alla decisione del primo giudice, ritiene di dover fare proprio altro criterio, sempre di legittimità enunciato dalla sez.1 sentenza 17195 del 11-08-2011 secondo il quale l’instaurazione di un rapporto stabile e duraturo di convivenza (famiglia di fatto) altera o rescinde la relazione con il tenore e il modello di vita caratterizzante la pregressa convivenza matrimoniale e, così, il presupposto per la riconoscibilità di un assegno divorzile”.

Anche se, va detto, per la corte “della precarietà della situazione si tiene conto ammettendo che il relativo diritto entri in uno stato di quiescienza potendosene riproporre l’attualità per l’ipotesi di rottura della convivenza tra i familiari di fatto”. Soddisfatto l’avvocato Guglielmo Tocci, che ha tutelato l’uomo. “Al di là della vicenda, sono soddisfatto che la Corte abbia nuovamente riconosciuto che la famiglia di fatto e’ a tutti gli effetti equiparabile al matrimonio” andando, per l’avvocato, perfino oltre quanto stabilito dallo stesso legislatore.