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Dal 20 Settembre il Cannabidiolo (CBD) entra nella tabella di stupefacenti

A partire da oggi 20 settembre, il cannabidiolo (CBD), un estratto derivato dalla cannabis, verrà classificato come stupefacente in Italia e non sarà più venduto nei negozi. Questo cambiamento è il risultato dell’entrata in vigore del decreto del Ministero della Salute, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 21 agosto, che revoca la sospensione del decreto del 2020. Il decreto del 2020 aveva inserito le formulazioni orali a base di CBD nella tabella dei medicinali allegata al testo unico sulle droghe.

CBD classificato come stupefacente, cosa cambia

In Italia, diverse farmacie vendono preparati a base di CBD a uso galenico, che è diverso dal tetraidrocannabinolo (THC) responsabile degli effetti psicotropi della cannabis. Tuttavia, prodotti con concentrazioni di CBD inferiori erano anche venduti in negozi specializzati in cannabis, erboristerie e tabaccai. Questi prodotti venivano utilizzati per promuovere il rilassamento, alleviare l’ansia e lenire il dolore.

Con il nuovo decreto, il CBD rimarrà un medicinale, ma sarà disponibile solo su prescrizione medica e per specifiche patologie.

Le critiche al nuovo decreto

Questo cambiamento normativo ha suscitato critiche da parte dell’Associazione Luca Coscioni. Secondo Marco Perduca dell’associazione, considerare il CBD uno stupefacente potrebbe aggiungere ostacoli burocratici all’uso medico della cannabis, nonostante le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla sua efficacia nel trattamento di varie condizioni, dall’epilessia minorile agli spasmi muscolari.

Un sondaggio condotto da Swg, che ha coinvolto 1601 persone che utilizzano oli, estratti o farmaci a base di CBD, ha rilevato che il 90% dei partecipanti prevede difficoltà nel reperire i prodotti, il che comporterebbe un peggioramento della qualità di vita e delle condizioni di salute. Questo potrebbe spingere le persone a cercare alternative attraverso canali non ufficiali o il mercato online, con il risultato di costi più elevati. La nuova normativa sul CBD in Italia solleva questioni significative riguardo all’accessibilità dei pazienti a questo prodotto e ai potenziali impatti sulla loro salute e qualità di vita.

Claudia Montanari

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