Brittany: ultimo abbraccio alle amiche prima del suicidio assistito

Brittany: ultimo abbraccio alle amiche prima del suicidio assistito

13 Ottobre 2014 - di Silvia_Di_Pasquale

SAN FRANCISCO (USA) – Un ultimo abbraccio alle amiche prima del suicidio assistito, programmato per il 1° novembre prossimo: così Brittany Maynard, la 29enne malata terminale di cancro al cervello, che ha scelto di porre fine volontariamente alle sue sofferenze, ha deciso di salutare alcuni dei suoi affetti più cari.

Lei e le sue amiche si sono ritrovate questo fine settimana a Portland (Oregon) nella casa dove la donna prenderà i farmaci letali. Siamo ben lontani dal classico raduno per l’addio al nubilato o il “baby shower”, la festa in cui si portano i regali alle ragazze incinta.

In questo caso si è celebrato l’addio di Brittany alla vita. Un ultimo saluto, senza piangere, perché l’idea era quella di celebrare insieme la protagonista di una vicenda di cui ormai parla tutto il mondo. Fare finta che la fine non sia dietro l’angolo e dimenticare, almeno per un momento, cosa l’aspetta.

“Il programma per l’ultimo week end con Brittany era semplice – scrive Paolo Mastrolilli su La Stampa – dettato anche dai limiti imposti dalla sua salute che peggiora. Lei amava correre, persino le maratone, ma non ce la fa più. Amava viaggiare e scalare, al punto che era salita da sola sul Kilimanjaro, ma il fisico debilitato dal cancro che cresce nel cervello non glielo permette più. Comincia a subire attacchi che la paralizzano e la lasciano incapace anche di parlare. Quindi esce per lunghe passeggiate tra i boschi col marito Dan, la madre Debbie Ziegler, il patrigno, e il fedele cagnolino Charley, un Great Dane che le scondinzola intorno ovunque. Destinazione preferita, il Columbia River Gorge, un canyon a trenta minuti di strada da Portland, che si apre per oltre mille metri di profondità nel letto del fiume Columbia quando raggiunge la catena montuosa del Cascade Range”.

Quello di Brittany non è un addio alla vita definibile come suicidio tout court

“Chi si suicida vuole morire – spiega la 29enne – Io no, io voglio vivere. Ciò che mi sta uccidendo è il cancro, e sono venuta qui solo per anticiparlo, ed evitarmi altre sofferenze. Se domani mi sentissi meglio, o per qualche motivo cambiassi idea, non prenderei queste pillole letali che ho già in tasca. Se invece capissi che sto arrivando alla fine, lo farei anche prima”.

La scelta della donna è stata aspramente criticata dai cristiani più inflessibili e intransigenti, che l’accusano di essersi lasciata influenzare da “Compassion and Choices“, una lobby pro eutanasia. Una di questi le ha scritto una lettera: “Ti hanno imbrogliata. La morte non è così terribile, è una parte della nostra vita che può avere un grande valore spirituale”, spiega Kara, 36 anni, malata terminale di cancro al seno, che ritiene sbagliata la decisione di voler godere anche di quei pochi, ultimi, istanti della propria esistenza, ormai vicina alla fine.

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