Arabia Saudita, arrestata "avvocatessa delle donne": "Ha insultato islam"

Arabia Saudita, arrestata “avvocatessa delle donne”: “Ha insultato islam”

3 Novembre 2014 - di Claudia Montanari

GEDDA – “Ha offeso l’Islam” dicono le autorità: alla fine, un “motivo” è stato trovato e  Suad Al Shammary è stata arrestata venerdì 31 ottobre. Suad, da sempre soprannominata “l’avvocatessa delle donne” per il suo attivismo in difesa dei diritti delle donne, è stata accusata di aver “offeso l’Islam” ma in realtà da molto tempo è presa di mira dai conservatori sauditi. La sua colpa è quella di aver scritto uno o più tweet ironici sulla religione islamica.

Secondo quanto scrive Monica Ricci Sargentini sul blog “Le persone e la dignità” del Corriere della Sera, nello specifico, la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso sarebbe una foto pubblicata sul suo account twitter in cui appariva un cittadino che baciava la mano di un imam, corredata da un commento a dir poco sarcastico:

“Guardate con quale arroganza si pavoneggia!”

Ma non è certo la prima volta che Suad viene presa di mira. Si legge sul Corriere:

“In altre occasioni la donna avrebbe invitato gli utenti a ribellarsi a “una società maschile”. Parole che non sono sfuggite alle autorità che hanno rinchiuso la donna nel carcere di Gedda. Era da tempo che  i conservatori sauditi chiedevano che fosse punita. Lo sceicco Adel al-Kalbani, ex imam della grande moschea della Mecca, mesi fa aveva pregato perché “diventasse cieca e perdesse l’uso di una mano”.

Suad,  48 anni,laureata in Diritto islamico, è nota per il suo attivismo in difesa dei diritti delle donne ed è stata la prima avvocata ad ottenere il permesso di apparire in tribunale durante una seduta pubblica. Il suo ultimo atto, prima di finire in carcere, è stato quello di presentare un ricorso contro l’arresto di due ragazze saudite che avevano guidato l’automobile sfidando il divieto imposto nel regno”

Pericoli per Suad:

“Al Shammary  è la portavoce della Rete Liberale Saudita che ha fondato nel 2008, insieme a Reif Baddawi e ad altri tre attivisti, ma il sito è stato oscurato e Baddawi condannato a 7 anni di carcere e 600 frustate per insulto all’islam. Ora si teme che la donna possa seguire la stessa sorte. Secondo quanto denuncia l’ong Gulf Center for Human Rights all’avvocato della donna è stato impedito di assistere agli interrogatori e l’attivista sarebbe stata minacciata dalle guardie che le avrebbero detto: “Ora ci libereremo delle tue cattiverie”.