Oriana Fallaci vs la miniserie "L'Oriana": chi era veramente la giornalista?
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Oriana Fallaci vs miniserie “L’Oriana”: chi era veramente la giornalista?

17 Febbraio 2015 - di aavico

ROMA – Oriana Fallaci è stata senza dubbio la giornalista italiana più apprezzata al mondo. Su RaiUno è andata in onda lunedì sera la prima delle due puntate de L’Oriana (l’altra va in onda martedì), una miniserie televisiva italiana in due puntate che narra alcuni aspetti della vita della giornalista e scrittrice Oriana Fallaci, interpretata da Vittoria Puccini. La regia è di Marco Turco. E’ ovviamente impossibile in due puntate di fiction spiegare e raccontare bene la vita di Oriana Fallaci, una vita straordinaria, di cui i più giovani sanno pochissimo. Inventò un modo tutto suo di scrivere e intervistare, fu una delle prime donne a farsi strada in un mondo che fino ad allora alle donne sembrava precluso, ebbe posizioni radicali, fu molto poco politically correct e per questo divenne oggetto di attacchi e pesanti contestazioni.

“Sono nata a Firenze il 29/6/1929 da genitori fiorentini: Tosca ed Edoardo Fallaci. Da parte di mia madre, tuttavia, esiste un “filone” spagnolo: la sua bisnonna era di Barcellona. Da parte di mio padre, un “filone” romagnolo: sua madre era di Cesena. Connubio pessimo, com’è ovvio, nei risultati temperamentali. Mi ritengo comunque una fiorentina pura. Fiorentino parlo, fiorentino penso, fiorentino sento. Fiorentina è la mia cultura e la mia educazione. All’estero, quando mi chiedono a quale Paese appartengo, rispondo: Firenze. Non: Italia. Perché non è la stessa cosa”.

Così Oriana Fallaci raccontò la sua famiglia in “La vita di Oriana narrata da Oriana stessa per i lettori dell’Europeo”: un testo destinato, appunto, ai lettori della rivista con cui collaborava. La sua era una famiglia di antifascisti militanti. Dopo la caduta del regime fascista, nel luglio del 1943, suo padre entrò nella Resistenza e portò con sé la figlia che aveva 14 anni. Con la sua bicicletta e il nome di battaglia “Emilia”, Oriana Fallaci affiancò il padre in varie operazioni, fece da staffetta consegnando ai compagni partigiani armi, giornali clandestini e messaggi e accompagnando i prigionieri inglesi e americani fuggiti dai campi di concentramento italiani dopo l’8 settembre verso le linee degli Alleati.

Non perse nemmeno un anno di scuola, anzi: ne saltò uno, sostenne un esame per passare dalle magistrali al liceo classico e si diplomò con un anno di anticipo nel giugno del 1947. A settembre si iscrisse alla facoltà di Medicina e iniziò a lavorare per il quotidiano di Firenze Il Mattino dell’Italia centrale. All’inizio Oriana Fallaci si occupò di cronaca nera. Poi lasciò l’università e iniziò a scrivere di cronaca giudiziaria e anche di argomenti di costume: è molto famoso un suo articolo del 7 dicembre del 1948 in cui descrisse le sfilate di Dior a Firenze.

Il 1967 e il 1968 furono gli anni più importanti per la carriera di Oriana Fallaci. Il Post, in un lungo e esaustivo articolo racconta la vita di Oriana, spiegando che

Chiese e ottenne di essere inviata in Vietnam e fu l’unica giornalista italiana presente al fronte. Tornò più volte fino alla fine del conflitto, nel 1975, raccontando la vita quotidiana a Saigon, i bombardamenti, gli interrogatori dei prigionieri, le rappresaglie e realizzando molte interviste esclusive e reportage comprati e tradotti da importanti giornali internazionali. La sua posizione fu critica sia nei confronti dei soldati americani e sudvietnamiti sia nei confronti dei vietcong. Dalla guerra in Vietnam nacque il libro “Niente e così sia” (1969). In Vietnam conobbe François Pelou, giornalista francese direttore dell’Agence France Presse di Saigon, che diventò per alcuni anni il suo compagno. Nel 1968 era a Città del Messico alla vigilia delle Olimpiadi e restò ferita gravemente da un colpo di pistola nella repressione di una manifestazione studentesca di protesta (la credettero morta, poi dall’obitorio la trasferirono in ospedale).

Tra gli anni Sessanta e Settanta Oriana Fallaci si affermò come grande giornalista politica: raccontò la rivolta di Detroit dopo l’uccisione di Martin Luther King, il conflitto arabo-palestinese, le guerriglie contro le dittature del Sudamerica, la morte di Bob Kennedy, i conflitti in Asia. Soprattutto riuscì a realizzare molte interviste a personaggi politici che nessuno era mai riuscito ad avvicinare: Ali Bhutto in Pakistan, Haile Selassie in Etiopia, Indira Gandhi in India, Golda Meir, prima donna premier di Israele, Reza Pahlavi, penultimo Scià di Persia, Yassir Arafat, storico leader palestinese, Henry Kissinger e molti e molte altre. Le interviste furono pubblicate su L’Europeo e anche sul Corriere della Sera, con cui aveva nel frattempo iniziato a collaborare.

La tecnica con cui Oriana Fallaci conduceva le interviste era per l’epoca molto innovativa e la resero nota e apprezzata in tutto il mondo. In molti l’hanno paragonata a quella di un vero e proprio interrogatorio; le domande venivano preparate e studiate a tavolino nei minimi dettagli, registrate, e poi scritte e riscritte più volte, smontate e poi rimontate. Erano lontane – e per questo criticate da alcuni – dal cosiddetto giornalismo oggettivo e sempre filtrate dalle proprie posizioni e ideologie («Per esser buona un’intervista deve infilarsi, affondarsi, nel cuore dell’intervistato», dirà nel 2004 in “Oriana Fallaci intervista sé stessa – L’Apocalisse”). Ventisei di queste interviste furono raccolte nel 1974 in “Intervista con la storia”, edito da Rizzoli, diventato a quel punto il suo editore di riferimento.

Negli anni Settanta Oriana Fallaci pubblicò altri due libri: “Lettera a un bambino mai nato” (1975), proprio mentre in Italia si discuteva di legge sull’aborto, e “Un uomo” (1979). Entrambi parlavano di lei, dei suoi due aborti spontanei e del suo rapporto con Alexandros Panagulis, conosciuto come Alekos, uno dei leader della Resistenza greca alla dittatura dei Colonnelli che fu per per tre anni il suo compagno. Alekos era stato incarcerato nel 1968 dopo un attentato fallito a Papadòpoulos. Dopo la liberazione Oriana Fallaci lo incontrò, lo intervistò e se ne innamorò. Nel maggio del 1976 Alekos morì ad Atene in un incidente automobilistico le cui cause non furono chiarite: si pensò a un complotto, sul quale la Fallaci indagò per molto tempo. I libri nati in quegli anni furono tradotti e pubblicati in tutto il mondo.

Nel 1992 Oriana Fallaci scoprì di avere il cancro e ne parlò in un’intervista alla RAI: «Io non capisco questo pudore, questa avversione per la parola cancro. Non è neanche una malattia infettiva, non è neanche una malattia contagiosa. Bisogna fare come si fa qui in America, bisogna dirla questa parola. Serenamente, apertamente, disinvoltamente. Io-ho-il-cancro. Dirlo come si direbbe io ho l’epatite, io ho la polmonite, io ho una gamba rotta. Io ho fatto così, io faccio così e a far così mi sembra di esorcizzarlo». Nell’estate del 2006, gravemente malata, volle tornare a Firenze dove morì il 15 settembre.

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