Caffè a stomaco vuoto: fa bene o male?

Caffè contro il diabete di tipo 2: fino a 4 tazze

27 Novembre 2019 - di Silvia_Di_Pasquale

Bere fino a quattro tazze di caffè al giorno può ridurre il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 e la pressione alta. Una buona notizia per i consumatori abituali della bevanda più amata dagli italiani. I ricercatori delle università della Navarra, in Spagna, e di Catania, in Italia, hanno scoperto un legame tra consumo di caffè e sindrome metabolica, sebbene siano necessari ulteriori studi per spiegare la correlazione. Gli studi suggeriscono che bere 3-4 tazze di caffè al giorno è associato a un rischio inferiore del 25% circa di sviluppare il diabete mellito, rispetto al consumo di nessuna o meno di due tazze in 24 ore.

Come si legge sul Daily Mail, dalla ricerca emerge che i polifenoli ricchi di antiossidanti contenuti nel caffè potrebbero essere coinvolti nella prevenzione della sindrome metabolica, “in particolare acidi fenolici e flavonoidi”. Non solo: assumere da tre a cinque tazze al giorno di caffè è collegato a un rischio ridotto del 15% di malattie cardiovascolari.

Estefania Toledo, dell’Università della Navarra e Ciberobn, ha affermato che l’analisi ha mostrato una “associazione tra consumo di caffè e un ridotto rischio di diabete di tipo 2” e ha aggiunto che “il consumo a lungo termine di caffè è associato a un ridotto rischio di ipertensione“.

Anche una precedente ricerca pubblicata nel 2018 sulla rivista medica Nutrition Reviews ha confermato che il caffè riduce il rischio di sviluppare diabete di tipo 2 di circa il 30%. Si basava su un documento di revisione in cui erano stati esaminati 30 studi scientifici su una popolazione di 1,2 milioni di persone. Gli autori dello studio hanno esaminato i meccanismi biochimici della bevanda: in particolare, sempre grazie alle sue proprietà antiossidanti, l’assunzione a lungo termine della bevanda nera può ridurre lo stress ossidativo, associato, oltre che a numerosi effetti avversi sulle funzioni cardiovascolari, metaboliche e renali, anche all’insorgenza di diabete di tipo 2.