Diabete di tipo 2, 7 fattori di rischio

Diabete, il frutto rosso alleato e povero di zuccheri

18 Settembre 2019 - di Silvia_Di_Pasquale

I lamponi possono essere inclusi nella dieta contro il diabete, ma sempre con le dovute cautele. Una porzione di frutta non dovrebbe mai contenere più di 15 grammi di carboidrati. E’ maggiore per quelli a basso indice glicemico e minore per la frutta che contiene più zuccheri. Via libera ai lamponi, ma con moderazione, così come mele, pere, nespole, fragole, albicocche, arance, pesche.

Il sito Health.com elenca una serie di benefici di questo frutto estivo tanto amati da grandi e bambini. Una tazza di lamponi fornisce oltre il 50% dell’obiettivo giornaliero minimo di vitamina C, che supporta l’immunità e la salute della pelle e aiuta a produrre collagene. Contengono anche manganese e vitamina K, forniscono piccole quantità di vitamina E, vitamine del gruppo B, magnesio, rame, ferro e potassio.

I lamponi, specifica il sito, sono antiossidanti e aiutano anche a ridurre l’infiammazione, un fattore scatenante dell’invecchiamento precoce. Le sostanze protettive naturali contenute in questi frutti sono collegate a una migliore riparazione del DNA e al blocco degli enzimi che scatenano il dolore da artrite.

I lamponi possono essere di aiuto nel controllo del glucosio in chi ha il prediabete, che può precedere il diabete vero e proprio. Lo ha rilevato una ricerca dell’Illinois Institute of Technology, pubblicata sulla rivista Obesity. Dallo studio è emerso che chi consumava lamponi ed era a rischio di diabete necessitava di meno insulina per gestire la glicemia.  Questo frutto rosso è anche una fonte di fibre perché una tazza contiene ben 8 grammi di fibre alimentari, un terzo dell’obiettivo minimo giornaliero.

C’è un motivo in più poi per inserire nella dieta alimentare i piccoli frutti: centocinquanta grammi di lampone (e more) al giorno aiuterebbero a prevenire l’infiammazione gastrica. Lo ha rivelato uno studio pubblicato su Plos One e condotto dai ricercatori dell’Università degli Studi di Milano e della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, in Trentino.

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