Riso e malattie cardiache: studio rivela possibile connessione

Riso e malattie cardiache: studio sottolinea possibile connessione

10 Agosto 2020 - di Silvia_Di_Pasquale

Mangiare molto riso potrebbe essere collegato a un rischio più elevato di malattie cardiache per via dell’arsenico naturalmente presente nel raccolto.

Il cereale è soggetto ad assorbire arsenico dall’ambiente per le particolari condizioni in cui viene coltivato, sott’acqua e senza ossigeno per una parte del ciclo di vita della pianta.

Più arsenico è presente nell’ambiente, più il riso ne assorbe. C’è anche la possibilità che sia contenuto negli erbicidi utilizzati per l’irrigazione dei campi.

Riso e arsenico, cosa dice un nuovo studio britannico.

Un nuovo studio dell’università di Manchester e Salford ha analizzato il consumo di riso in Inghilterra e in Galles e la prevalenza di malattie cardiovascolari causate dall’esposizione all’arsenico.

La ricerca è stata portata avanti tenendo conto di altri fattori noti per il loro contributo alle malattie cardiovascolari come l’obesità, il fumo e l’età.

E’ fondamentale sottolineare che sono necessari comunque ulteriori studi per confermare il collegamento tra il consumo del cereale e le malattie cardiache.

Il riso non va escluso dalla dieta.

Ma attenzione, i ricercatori spiegano che i risultati dello studio non devono portare a non mangiare più riso perché resta un alimento che offre benefici per la salute.

Gli studiosi suggeriscono di optare per varietà di riso a basso contenuto di arsenico, come per esempio il basmati, piuttosto che per quello integrale.

Un vecchio articolo pubblicato su Il Fatto Alimentare, sito che si occupa di sicurezza alimentare, aveva parlato del rapporto tra riso e arsenico.

Alla fine dell’analisi però emergeva che se è vero che una piccola presenza di arsenico inorganico nel riso è fisiologica, la popolazione generale dovrebbe stare tranquilla e continuare a consumare riso come ha sempre fatto.

Lo studio britannico sembrerebbe tuttavia suggerire una visione meno positiva sull’argomento.

Ma non per questo invita a escludere dalla dieta l’alimento, soprattutto perché dovranno esserci ulteriori ricerche per confermare il risultato esposto.

 

 

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