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Pressione alta, batteri intestinali per ridurla in modo naturale: lo studio

15 Luglio 2019 - di Claudia Montanari

ROMA – La pressione alta è un fattore di rischio per molte malattie e colpisce circa 1 adulto su 3 in Italia e 1 miliardo di persone in tutto il mondo. In questo articolo analizziamo il ruolo dei batteri intestinali nei confronti della pressione sanguigna. Alcune recenti ricerche hanno infatti dimostrato che i batteri possono giocare un ruolo fondamentali nei trattamenti della pressione alta. Allo stato attuale, poiché il microbioma è un campo di studio relativamente nuovo, l’intero ambito del ruolo dei batteri intestinali per la salute è ancora in discussione. Tuttavia, sta diventando sempre più chiaro che i batteri presenti nel nostro intestino possono avere un ruolo fondamentale nei trattamenti di diverse condizioni cliniche come obesità, morbo di Parkinson , depressione e anche la pressione alta.

La pressione alta è una condizione da non sottovalutare. Sebbene siano stati stabiliti alcuni fattori di rischio per l’ipertensione – come il fumo, l’obesità e il consumo eccessivo di alcol – sembra che ci sia di più. Negli Stati Uniti, per esempio, più del 19% degli adulti con ipertensione ha una forma di questa condizione resistente alla terapia, in cui i farmaci non sembrano efficaci a portare la pressione a un livello considerato sano. Inoltre, gli interventi sullo stile di vita non funzionano per tutti.

Alcuni scienziati stanno prendendo in considerazione la disbiosi intestinale, ovvero lo scompenso della flora batterica. Uno studio apparso sulla rivista Microbiome ha analizzato i batteri intestinali di 41 persone con livelli sani di pressione del sangue, 99 individui con ipertensione e 56 persone con preipertensione. Hanno scoperto che nei partecipanti con preipertensione o ipertensione, c’era una riduzione della diversità dei batteri intestinali. In particolare, sembra esserci una enorme quantità di specie come la Prevotella e la Klebsiella. Successivamente, gli scienziati hanno trapiantato la materia fecale dai partecipanti in topi privi di batteri intestinali. I topi che hanno ricevuto materiale fecale da persone con ipertensione hanno a loro volta sviluppato ipertensione.

Al contrario, gli autori di uno studio del 2019 apparso sulla rivista Frontiers in Physiology hanno trapiantato le feci dai topi senza ipertensione in alcui topi con ipertensione. Ciò ha provocato una riduzione della pressione sanguigna nei topi con ipertensione.

Un altro studio ha esaminato i batteri intestinali di donne in gravidanza e donne in sovrappeso, entrambe a maggior rischio di ipertensione. Si p scoperto che in entrambe le categorie, i batteri del genere Odoribacter erano quasi inesistenti ma, le donne con livelli più bassi di questo tipo di batterio, avevano la pressione più alta.

In che modo i batteri intestinali influenzano la pressione sanguigna? Sebbene alcune ricerche dimostrino che i batteri intestinali possono influenzare la pressione alta, la maggior parte degli studi fino ad oggi è stata osservativa. Ciò significa che non è ancora possibile determinare se i cambiamenti nei batteri intestinali possano avere un ruolo nella pressione sanguigna, o se sia l’ipertensione ad alterare la flora intestinale.

Tuttavia, è noto come esista una connessione tra intestino e pressione. Molti dei fattori che aumentano il rischio di ipertensione – come il consumo di alcol e cibi salati – entrano nel nostro organismo attraverso il sistema digestivo.

Alcuni ricercatori ritengono che uno dei legami tra l’intestino e l’ipertensione potrebbe essere dato dagli acidi grassi a catena corta (SCFA). Alcuni batteri intestinali producono queste molecole durante il processo di digestione della fibra. Gli SCFA, dopo essere stati assorbiti dal sangue, possono influenzare una serie di processi fisiologici, uno dei quali sembra essere proprio la pressione alta. Sostenendo questa teoria, uno studio ha trovato differenze nelle popolazioni batteriche intestinali tra i partecipanti con e senza ipertensione. Gli individui con pressione alta avevano livelli più bassi di alcune specie che producono SCFA, tra cui Roseburia spp. e Faecalibacterium prausnitzii.

Un probiotico per l’ipertensione: a seguito di questi risultati, gli scienziati stanno progettando un probiotico che potrebbe aiutare nella lotta alla pressione alta. Una meta-analisi del 2013 ha preso in considerazione l’effetto del latte fermentato probiotico sulla pressione sanguigna ed è emerso che, effettivamente, il latte fermentato probiotico “ha effetti di abbassamento della pressione alta in soggetti ipertesi”.