Mal di testa al lavoro, quasi una epidemia. Turnisti più esposti

Mal di testa al lavoro, quasi una epidemia. Turnisti più esposti

29 Settembre 2014 - di Mari

ROMA – Mal di testa, quasi un’epidemia: colpisce una donna su cinque e un uomo su dieci tra i 25 e i 55 anni. E costa, in termini di assenze dal lavoro, circa 420 euro all’anno per ogni dipendente. Non solo: anche quando si va al lavoro, il malessere influisce sulla produttività, che cala del 35%. Più a rischio sono soprattutto i lavoratori turnisti, che invertono i ritmi sonno-veglia, chi svolge un lavoro che richiede un elevato impegno psichico o lavora al computer, chi assume posture scorrette. Una delle cause è la connessione continua che abbiamo oggi. Siamo sempre reperibili, per telefono e via email, e così si finisce per non staccare mai.

Uno studio dello staff della Medicina del lavoro della Fondazione Maugeri di Pavia sottolinea come il mal di testa in tutte le sue forme (emicrania, cefalea a grappolo o cefalea di tipo intensivo) colpisce in media una persona su dodici, spesso più volte al mese, e può diminuire l’attenzione e la capacità di concentrazione, influenzando negativamente il rendimento al lavoro.

Spiega Giuseppe Taino, medico del lavoro alla Maugeri di Pavia:

“La forma più diffusa è quella muscolo tensiva, ma è anche la meno pericolosa per la sicurezza. Più pericolose l’emicrania o l’emicrania con l’aura, al secondo e terzo posto per diffusione. In più chi soffre di cefalea è sotto terapia, sia contro il dolore sia per prevenire attacchi, ma queste stesse terapie possono avere effetti sulla vigilanza e dunque comportare rischi sul lavoro: di fatto si tratta di una patologia invalidante perché limita la possibilità di essere sempre attivi sul lavoro. In termini di perdita di giorni lavorativi l’assenza per cefalea interessa in Europa il 7-15% dei lavoratori con una media di 4,4 giorni all’anno persi per emicrania e di 2,5 giorni all’anno per le altre forme. Ma un lavoratore sotto attacco cefalgico è anche una persona che cala in efficienza e qui alcuni studi europei di autovalutazione, riportano una perdita della produttività pari mediamente al 35%”.