Insalata in busta fa male? Allarme fake

Insalata in busta fa male? Allarme fake

1 Marzo 2019 - di Claudia Montanari

ROMA – In merito all’insalata in busta girano online troppe affermazioni allarmistiche “ingiustificate e fuorvianti”, attraverso articoli sui risultati di uno studio dell’Università di Torino condotto su un campione di 100 insalate in busta che risale al 2012. Lo segnala, in una nota, il Gruppo IV Gamma di Unione Italiana Food, che ritiene che sia “quanto meno discutibile farle passare per nuove, senza specificare il fatto che i risultati risalgono al 2012”.

Il Gruppo IV Gamma di Unione Italiana Food dissente dal tono allarmistico e dai contenuti degli articoli su vari punti.

Soprattutto in materia di conservazione e lavaggio delle insalate in busta, l’Associazione precisa che ormai dall’agosto 2015, in seguito all’emanazione del Decreto Ministeriale attuativo della legge 77/2011, sono entrate in vigore sul territorio italiano le nuove regole in materia di produzione, confezionamento e commercializzazione della Quarta Gamma.

La normativa detta una serie di parametri vincolanti sulla sicurezza alimentare e sulla qualità, che devono essere rispettati nel ciclo produttivo e nella distribuzione dei prodotti di Quarta Gamma. Dal 13 agosto 2015, ad esempio, è scattato l’obbligo per tutti i produttori e per la Distribuzione di garantire il rispetto della catena del freddo a una temperatura uniforme e costantemente inferiore agli 8C lungo tutto il percorso che va dalle linee di confezionamento ai banchi refrigerati dei punti vendita.

Si precisa anche che la sicurezza dei prodotti di IV gamma è garantita dai numerosi controlli che vengono effettuati lungo tutta la filiera produttiva, e che i tempi che intercorrono tra la raccolta, la lavorazione e la vendita sono molto brevi, affinché venga garantita la freschezza del prodotto.

La qualità e la sicurezza dal punto di vista igienico degli ortofrutticoli di IV gamma vengono preservate attraverso lavaggio e asciugatura accurati. Il lavaggio, per il quale la normativa nazionale prevede almeno due vasche a ricambio continuo di acqua, avviene con acqua potabile e attraverso sistemi tecnologici avanzati che – a differenza del lavaggio domestico – garantiscono un prodotto sicuro e conforme a legge.

È per questo motivo che il Ministero della Salute consente di commercializzare il prodotto come “lavato e pronto al consumo”.

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