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Dieta flexitariana: dimagrire seguendo il regime alimentare di Meghan Markle

25 Ottobre 2018 - di Claudia Montanari

Dimagrire fino a 4 chili a settimana seguendo la dieta flexitariana, il regime alimentare amico dell’ambiente e seguito anche da Meghan Markle. Si tratta di una dieta equilibrata essendo una rivisitazione della dieta vegetariana, costituita quindi da una stragrande maggioranza di alimenti vegetali ma senza l’eliminazione totale di carne e pesce che vengono mantenuti in piccolissime quantità.

Questa dieta è stata ideata nel 2009 grazie ad un’iniziativa di Paul McCartney e delle sue figlie, che hanno promosso il “Meat free Monday”, un progetto per spingere le persone ad abbandonare la carne almeno una volta a settimana, per fare bene all’ambiente. L’idea è stata un successo e tantissime star, da Gwyneth Paltrow, a Cameron Diaz, passando per Emma Thompson, Ellie Goulding e, ovviamente, Meghan Markle, che ha “convertito” alla dieta flexitariana anche Harry. Uno stile alimentare, quello flexitariano, che non solo aiuta a dimagrire ma è anche amico dell’ambiente. Alcuni studi hanno infatti dimostrato che se tutti passassero a questo tipo di alimentazione, le emissioni di gas serra dall’agricoltura verrebbero ridotte di oltre la metà.

Come funziona allora la dieta flexitariana? Questo stile alimentare prevede un introito calorico di 1.500 kcal al giorno, suddivise in 300 a colazione, 400 a pranzo, 150 per ogni spuntino e 500 a cena. Rinunciando agli spuntini si può scendere a 1.200 calorie, oppure si può arrivare a 1.800 raddoppiando la colazione. Si tratta di un regime vegano e vegetariano, ma flessibile, in cui due volte a settimana si possono consumare proteine animali. Gli alimenti principali però rimangono i vegetali, in particolare frutta, verdura, legumi e semi. E’ consigliabile consumare due porzioni di verdura, una cotta e una cruda, due frutti e una porzione di frutta secca. 
Nel complesso i vegetali devono fornire il 40% almeno del fabbisogno, cereali integrali, legumi e semi un altro 40% e il restante 20% può arrivare da alimenti di origine animale.