Diabete di tipo 2, la solitudine espone a un rischio più elevato

Diabete di tipo 2, la solitudine espone a un rischio più elevato

4 Ottobre 2022 - di Silvia_Di_Pasquale

Un recente studio pubblicato sulla rivista Diabetologia evidenzia che i sentimenti di solitudine potrebbero essere legati a un rischio significativamente più elevato di sviluppare il diabete di tipo 2. La ricerca è stata condotta dal Professore Associato Roger E. Henriksen e dai suoi colleghi della Western Norway University of Applied Sciences. Oltre a esaminare l’associazione tra solitudine e rischio di sviluppare, i ricercatori hanno esaminato se anche depressione e insonnia fossero fattori scatenanti.

Quasi mezzo miliardo di persone nel mondo ha il diabete e l’80% di essi vive in paesi a basso e medio reddito, ma meno di una persona su 10 di questi pazienti ottiene le cure essenziali per gestire la malattia (farmaci per controllare la glicemia, il colesterolo, la pressione) e assistenza sul fronte dieta e stili di vita, col rischio di andare incontro a gravi complicanze, da infarto a ictus, cecità e problemi di natura nervosa.

Lo stress potrebbe effettivamente aumentare il rischio di ammalarsi di diabete, oltre a essere nocivo per altri aspetti della salute. Non sono ben chiari i meccanismi per cui questo accade. L’ipotesi è che ci siano dietro dei meccanismi come la resistenza temporanea all’insulina causata da livelli elevati dell’ormone dello stress cortisolo. Questo processo comporta anche cambiamenti nella regolazione del comportamento alimentare da parte del cervello, causando un aumento dell’appetito per i carboidrati e conseguenti livelli elevati di zucchero nel sangue.

Lo studio ha rilevato che livelli più elevati di solitudine erano associati a un rischio più elevato di diabete di tipo 2, se misurato 20 anni dopo. Chi ha dichiarato di essersi sentito solo aveva il doppio delle probabilità di sviluppare la malattia. I ricercatori ritengono che anche questo tipo di aspetti psicologici dovrebbero essere inseriti nelle linee guida per la prevenzione della condizione. Dicono: “È importante che gli operatori sanitari siano aperti al dialogo sulle preoccupazioni di un individuo durante le consultazioni cliniche, anche per quanto riguarda la solitudine e l’interazione sociale”.

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