Concentrazione: perché i ragazzi faticano a rimanere attenti

Concentrazione: perché i ragazzi faticano a rimanere attenti

26 Febbraio 2018 - di Claudia Montanari

ROMA – Concentrazione: perché i ragazzi faticano a rimanere attenti. Spesso ci si lamenta che i bambini e i ragazzi hanno scarsa concentrazione. Ma quali sono le loro reali capacità di mantenere l’attenzione in classe? Le modalità di attenzione cambiano, ovviamente, a secondo dell’età. Quelli piccoli si stancano presto, non riescono a svolgere due compiti simultaneamente.

A 6-7 anni non si regge più di 15 minuti, mentre a 15-16 anni si può arrivare anche a 30-45 minuti. Le distrazioni possono mandare a monte esperienze importanti, mentre se si è coinvolti attivamente l’attenzione rimane desta.

Per esempio molti studi dimostrano che dopo 30 minuti di attività fisica aerobica la capacità di concentrazione migliora di molto. Questa constatazione dovrebbe tradursi in una strategia pedagogica utile per anticipare le lezioni di educazione fisica all’inizio dell’orario scolastico e in brevi pause di attività fisica tra una lezione e l’altra.

I bambini, lo sappiamo. sono dotati di una vivacità enorme, sono anche in grado di elaborare solu­zioni per aggirare una difficoltà, ma devono fare i conti con le caratteristiche strutturali della loro mente: il cervello di un bambino non è lo stesso di quello di un adulto nè di un adolescente. Ignorare questo aspetto significa non considerare com’è fatto realmente un bambino, come sottolinea il neurobiologo Alberto Oliverio all’incontro alla Scuola Genitori di Milano introdotto da pedagogista Daniele Novara (Non è colpa dei bambini, Rizzoli, il suo ultimo libro).

Il discorso vale anche per gli adolescenti. Per molto tempo, infatti, si è ritenuto che lo sviluppo del cervello umano fosse pressoché compiuto con il raggiungimento della pubertà e che, nell’adolescenza, fosse a tutti gli effetti un organo maturo, sia pur privo di esperienza di vita. Nell’ultimo decennio, invece, la neurofisiologia e le neuroscienze hanno scoperto che durante l’adolescenza il cervello attraversa alcuni stadi determinanti del suo processo evolutivo, che ne rendono le funzioni diverse da quelle del cervello adulto. E questo spiega una stagione che per tanti genitori ha il significato di una gita/incubo su un ottovolante impazzito, sentendosi spettatori impotenti di malumori e improvvisi scoppi di rabbia alternati a momenti di incontenibile espansività ed euforia? Cosa accade nella testa dei nostri ragazzi? Al tema la neurologa Frances Jensen ha risposto con una visione rivoluzionaria nel suo libro a metà tra scienza, manuale e romanzo, Il cervello degli adolescenti, successo editoriale del 2015 (Mondadori).

La concretezza e l’azione hanno un ruolo centrale nel comportamento di un bambino, proprio in quanto il cervello infantile è fatto per agire, per muoversi, per crescere sulla base dei movimenti osservati e gestiti dal bambino stesso. E, in particolare, non possiamo dimenticare che agire, giocare, fare dei giochi di movimento, ha una valenza importante per la crescita mentale dei bambini. Capire come funziona il cervello ci aiutare ad educare meglio i bambini e i ragazzi. Questi, come noi del resto, apprendono innanzitutto imitando: i neuroni a specchio dimostrano che tutti noi impariamo osservando gli altri. L’osservazione è un aspetto fondamentale per l’apprendimento dei bambini. Soprattuto gli apprendimenti concreti e motori si acquisiscono per imitazione.

Nessuna parola sarebbe efficace per spiegare a un bambino come fare una capriola: solo l’osservazione può restituire la concretezza e la complessità del movimento.