Artrite reumatoide, pillola anticoncezionale riduce il rischio

Artrite reumatoide, pillola anticoncezionale riduce il rischio

21 Agosto 2017 - di Mari

Le donne che hanno preso la pillola anticoncezionale per diversi anni hanno minori possibilità di ammalarsi di artrite reumatoide. E’ quanto rivela uno studio condotto in Svezia, al Karolinska Institute di Stoccolma, su un campione di 7mila donne. Secondo i risultati di questa ricerca il rischio di soffrire di artrite si riduce di un quinto rispetto al rischio delle donne che non assumono questo tipo di contraccettivi.

La artrite reumatoide è una malattia cronica che colpisce soprattutto le donne e che provoca dolore, rigidità e deformazioni alle dita. Ma non riguarda solo le articolazioni: l’infiammazione può svilupparsi anche in organi interni, come reni, polmoni, cuore, vasi sanguigni, sistema nervoso e occhi.

Lo studio condotto in Svezia ha mostrato come le donne che in passato hanno assunto per lungo tempo la pillola anticoncezionale hanno un rischio del 13 per cento inferiore di ammalarsi di artrite reumatoide rispetto a coloro che non hanno mai preso la pillola. E tra le donne che hanno assunto la pillola per almeno sette anni il rischio cala del 19 per cento.

Secondo i ricercatori gli ormoni contenuti nella pillola per fermare la gravidanza sarebbero responsabili di questo effetto. In particolare il progesterone, ormone sessuale usato nei contraccettivi orali, ha un prolungato effetto antinfiammatorio.

Gli autori dello studio svedese credono che siano proprio gli ormoni a ridurre il rischio di artrite reumatoide. Allo stesso tempo, però, i ricercatori non hanno trovato un legame significativo con l’allattamento al seno, una pratica che in passato era associata ad un effetto protettivo nei confronti dell‘artrite reumatoide.

Questo è solo l’ultimo studio che mette in luce possibili benefici della pillola anticoncezionale. Altri studi recenti avevano evidenziato il minor rischio per le giovani che prendono la pillola di ammalarsi di cancro alle ovaie, all’utero e all’intestino, anche se hanno un maggiore rischio di tumore al seno.

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