Protesi al seno: non solo vanità. Un aiuto per ritrovare la femminilità dopo un tumore

23 Gennaio 2012 - di luiss_vcontursi

ROMA – Si parla tanto, soprattutto ultimamente, delle protesi al seno e delle cosiddette Pip, che potrebbero essere dannose per la donna. Sul tema se ne sentono di tutti i colori ma il commento più diffuso è: perché rischiare tanto, solo per apparire più belle? Umberto Veronesi in un’intervista su ‘Repubblica’, però, pone l’accento su un aspetto spesso sottovalutato: la chirurgia plastica al seno spesso serve alle donne che hanno avuto un tumore a ritrovare la loro femminilità.

Leggiamo insieme le sue parole, prezioso spunto per aprire uno squarcio su un problema reale:

“Nel nostro Paese le protesi mammarie sono state sottilmente demonizzate e messe al rogo come strumenti di vanità femminile ed espressione di narcisismo. Come la maggior parte dei medici, che vedono l’universo femminile da un’altra prospettiva, la mia posizione è all’opposto. Credo che la cura del proprio corpo, e della sua immagine, sia non solo legittima, ma anche terapeutica: credo che ricostruire il seno sia un dovere medico. Per questo mi sono battuto perché nessuna donna uscisse dalla sala operatoria senza seno”.

“Asportare una mammella, o entrambe, significa quindi infrangere l’armonia perfetta del corpo femminile e, spesso, distruggerne l’identità. Tutto il possibile va fatto per evitare questo strappo violento alla psiche della donna. Il cancro è una malattia che va tolta dalla mente, oltre che dal corpo. Ma come è possibile che questo avvenga se una donna si deve confrontare ogni giorno, guardandosi allo specchio, con una mutilazione? Non ho mai creduto che dare importanza al corpo e alla sua sensualità significhi non dare importanza al pensiero: una cosa non esclude l’altra, i due aspetti si integrano e non dovrebbero mai entrare in conflitto l’uno con l’altro”