Infarto e ictus, più a rischio al mattino: colpa del ritmo circadiano

Infarto e ictus, rischio sale al mattino: colpa del ritmo circadiano

13 Novembre 2013 - di vnicosia

ROMA – Infarti e ictus sono più frequenti al mattino e secondo uno studio americano la “colpa” sarebbe del nostro orologio biologico. Proprio al mattino infatti il nostro organismo raggiunge il picco del Pai-1, Plasminogen activator inhibitor-1, un inibitore che favorisce la rottura dei coaguli sanguigni da cui si originano i trombi che causano proprio ischemie, infarti e ictus.

La scoperta di questo picco si deve agli scienziati del Brigham and Women’s Hospital di Boston e della Oregon Health & Science University, che hanno pubblicato i risultati sulla rivista Blood. Sotto accusa finisce dunque il ritmo circadiano, cioè il ciclo veglia/sonno del nostro organismo, che alle 6,30 del mattino rilascia il picco di inibitore Pai-1.

Frank A.J.L. Scheer, autore dello studio e dottorando al Brigham and Women’s Hospital, ha spiegato: “Le nostre scoperte suggeriscono che il ritmo circadiano, cioè il nostro orologio interno, può contribuire all’aumento del rischio di eventi cardiocircolatori al mattino”. Lo studio è stato condotto su 12 soggetti sani, adulti e volontari che sono stati sottoposti a monitoraggio fisiologico nei laboratori dai ricercatori.

Dopo due settimane di monitoraggio lo studio ha evidenziato il picco dell’inibitore, spiega Steven A. Shea, co-autore della ricerca e direttore dell’Oregon Institute of Occupational Health Sciences: “La ricerca suggerisce che il ritmo circadiano umano al mattino induce un picco dei livelli di Pai-1 nel sangue, indipendentemente dalle influenze che lo stile di vita e l’ambiente possono avere sul soggetto. Inoltre i picchi individuati possono spiegare perché proprio al mattino gli individui vulnerabili sono più soggetti ad aventi cardiocircolatori avversi”.

La ricerca, spiegano ancora Scheer e Shea, è ancora al primo stadio e serviranno nuovi studi per determinare come l’inibitore agisca e se patologie come il diabete o l’obesità possano amplificare gli effetti del ritmo circadiano, trasformando l’orologio biologico dei pazienti a rischio in vere e proprie bombe ad orologeria.