Spesa per farmaci, quella ospedaliera batte quella convenzionata

Farmaci, spesa ospedaliera batte quella convenzionata

24 Novembre 2016 - di Mari

ROMA – In costante aumento e sempre più difficile da contenere: la spesa farmaceutica in Italia è una delle voci che più incidono sul fondo sanitario. L’acquisto di farmaci cresce e grazie all’innovazione sono disponibili sempre più medicinali e dispositivi ad alto costo. Ecco i dati della SIFO, la Società dei farmacisti ospedalieri e dei servizi territoriali delle aziende sanitarie.

NEL 2015 LA SPESA OSPEDALIERA HA SUPERATO LA CONVENZIONATA – Sorpasso della spesa farmaceutica diretta e ospedaliera rispetto alla spesa cosiddetta convenzionata, ovvero quella che deriva dai farmaci erogati nelle farmacie di comunità. Il 2015 è stato l’anno in cui, per la prima volta, in Italia, la quota di spesa diretta ospedaliera ha superato quella convenzionata. Sul totale di oltre 18 miliardi, infatti, la ‘quota’ della spesa diretta ospedaliera si è attestata a 9 miliardi e 770 milioni di euro, mentre quella convenzionata è risultata di 8 miliardi e 470 milioni di euro. Se si guarda al 2014, la spesa convenzionata era stata di 8 miliardi e 598 milioni di euro contro gli 8 miliardi e 123 milioni di euro dell’ospedaliera (fonte Aifa). Cosa significa e da cosa dipende? Innanzitutto dal boom dei nuovi farmaci innovativi ad alto costo, in primis quelli per curare l’epatite C (di cui c’è stata una vera e propria esplosione nel 2015), che sono distribuiti solo in ospedale e hanno a vuto come effetto un consistente incremento della spesa ospedaliera. In parallelo prosegue il processo di riduzione dei costi di alcune tipologie di farmaci più ‘datati’- con il brevetto ormai scaduto e dunque diventati nel frattempo ‘generici’- che vengono erogati nelle farmacie di comunità. Trend, questo, che negli ultimi anni, progressivamente, ha fatto scendere la spesa convenzionata. Ma non ancora a sufficienza da compensare l’aumento di quella ospedaliera.

FARMACI e DISPOSITIVI MEDICI SEMPRE PIU’ INNOVATIVI – Negli ultimi due-tre anni, in Italia, si registra un vero e proprio boom di farmaci di nuova tecnologia, ad alto costo. Oltre agli oncologici (da ormai diverso tempo ai primi posti nelle voci della spesa farmaceutica), a quelli antivirali per curare l’epatite C (che nel 2015 sono costati un miliardo e 722 milioni di euro, ovvero il 7,8% della Spesa del Servizio sanitario nazionale) e a quelli per l’HIV, ci sono anche altri farmaci innovativi e molto costosi per determinate patologie (sclerosi multipla, artrite reumatoide e diabete, patologia quest’ultima in fortissimo aumento). Si tratta di medicinali che vengono gestiti e utilizzati unicamente attraverso l’ospedale, quindi vanno a pesare sulla spesa diretta ospedaliera. La categoria di farmaci per cui nel 2015 si è registrato l’aumento maggiore di spesa è quella degli immunomodulatori, utilizzati anche nella cura di patologie reumatiche, morbo di Chron, psoriasi grave. La spesa, nel 2015, si è attestata a un miliardo e 803 milioni di euro, con una crescita del 13% rispetto all’anno precedente. In crescita anche gli anticoagulanti (+10%), i farmaci per il dolore (+10%) e i vaccini (+9%). L’entità di spesa maggiore, invece, anche nel 2015 è stata quella per i farmaci oncologici, costati nel 2015 due miliardi e 372 milioni di euro (+7% sul 2014).

LE PROPOSTE DI SIFO – A fronte di esigenze di cura sempre più mirate e di una spesa farmaceutica sempre in crescita, cosa si può fare? L’incremento della spesa farmaceutica dipende dall’aumentato consumo, ma anche dai prezzi molto elevati degli ultimi farmaci, che arriva anche a decine di migliaia di euro per singolo trattamento- spiega Giovanna Scroccaro, dirigente del Servizio farmaceutico della Regione Veneto e past President SIFO-. L’aumento della spesa rischia di mettere a serio rischio la sostenibilità, l’equità e la universalità del nostro Sistema Sanitario; è pertanto necessaria e urgente una modifica legislativa dell’attuale meccanismo di definizione dei prezzi. Il prezzo attribuito ad un nuovo farmaco deve essere proporzionale ai vantaggi clinici che questo apporta rispetto alle terapie già disponibili e ai guadagni di salute; i farmaci che presentano risultati simili devono essere acquistati dal SSN al medesimo prezzo. Queste richieste sono state avanzate da tempo dalla Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome.
“Le Regioni, con le Aziende del SSN, dal canto loro, devono promuovere l’acquisto dei prodotti farmaceutici attraverso procedure trasparenti, con capitolati, formulati da esperti, che tutelino i requisiti di qualità e la sostenibilità dei costi – spiega Maria Grazia Cattaneo, Presidente del Congresso SIFO. Sul versante clinico, è necessario attivarsi affinché le prescrizioni mediche siano sempre più appropriate, cioè effettuate all’interno delle indicazioni cliniche raccomandate dalle Linee Guida e all’interno delle indicazioni d’uso (dose, durata, …) per le quali è dimostrata l’efficacia.
E’ necessario, inoltre un migliore monitoraggio degli indicatori di prodotto, di risultato in termini di salute, di costo, possibile anche grazie all’adozione di sistemi informatici sempre più efficienti e completi”, conclude Cattaneo.

ANCORA TROPPI SQUILIBRI TRA LE REGIONI, QUALCHE DATO – Uno sguardo ai dati suddivisi per regione (fonte Osmed) fa emergere una grande variabilità fra le Regioni e anche fra ospedale e ospedale. I dati della spesa farmaceutica (nazionali e regionali) saranno oggetto di studio durante il congresso, in cui sono in programma diversi momenti di confronto dedicati al tema. Considerando che la media dell’incidenza della spesa farmaceutica ospedaliera sul fondo sanitario regionale è del 4,91% (valore che attesta la messa in atto di misure di contenimento della spesa), ci sono 10 regioni che stanno sopra questo dato: la Toscana presenta l’incidenza più elevata con un valore del 6,34%. Seguono Sardegna con il 5,70%, Abruzzo con il 5,55%, Puglia con il 5,55%, Marche con il 5,30%, Calabria con il 5,21%, Emilia-Romagna con il 5,14%, Liguria con il 5,13%, Campania con il 5,03%. Al di sotto della media ci sono invece: Basilicata con il 4,90%, provincia autonoma di Bolzano con il 4,77%, Friuli Venezia Giulia con 4,76%, Piemonte con il 4,61%, Lombardia con il 4,57%, Lazio con il 4,53%, Veneto con il 4,34%, Valle d’Aosta il 4,31%, Sicilia il 4,29%, Molise il 4,19% e provincia autonoma di Trento il 3,36%.

Passando invece alla spesa farmaceutica territoriale, l’incidenza media per regione sul fondo sanitario è dell’11,61%. Nove regioni ‘sforano’ la media, con numeri più o meno alti: la Sardegna è in testa con il 15,06%. Seguono Puglia (13,25%), Campania (12,99%), Lazio (12,73%), Calabria (12,70%), Abruzzo (12,62%), Sicilia (12,02%), Basilicata (11,92%), Marche (11,86%). Sotto la media ci sono invece il Friuli Venezia Giulia (11,38%), Molise (11,37%), Toscana (11,06%), Umbria (11,01%), Lombardia (10,84%), Liguria (10,81%), Piemonte (10,68%), Emilia-Romagna (10,22%), Veneto (10,03%), provincia autonoma di Trento (9,91%), Valle d’Aosta (9,82%) e provincia autonoma di Bolzano (8,90%). Dove i valori sono fortemente superiori al dato medio nazionale, è necessario migliorare i meccanismi di controllo sulle prescrizioni.

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