Doping, un sonnifero l'ultima frontiera. Ma dà dipendenza

Doping, un sonnifero l’ultima frontiera. Ma dà dipendenza

12 Gennaio 2016 - di Mari

ROMA – L’ultima frontiera del doping nel ciclismo è un sonnifero. Si chiama Minias, spiega Pier Augusto Sagi su Il Giornale. Tra tutte le benzodiazepine è quello che provoca più dipendenza, come ha raccontato a Sagi Massimo Besnati, medico della Katusha, la squadra russa per la quale correva il ciclista Luca Paolini, risultato positivo alla cocaina durante i controlli all’ultimo Tour de France : “si inizia con 10 gocce, poi 15, 20, 30… si arriva anche a 100”.

Chi cerca di smettere prova gli stessi sintomi di una crisi di astinenza, tanto che a Milano e a Verona esistono due cliniche specifiche per la disassuefazione. 

 

Luca Paolini cercava di camuffare e combattere i sonniferi con il caffè, bevendone anche cinque o sei tazze a colazione. Questo per combattere “l’alterazione dello stato di vigilanza, il rincoglionimento, che ti lascia un sonnifero. Però poi sei costretto ad aumentare le dosi”, spiega sempre Besnati al Giornale.

L’uso del Minias, però, non sarebbe limitato a Paolini. Spiega ancora Besnati:

“Quello dei sonniferi è un problema grave, e molto più ampio di quanto si possa pensare. A renderlo ancora più grave l’usanza abbastanza diffusa di abbinarci l’alcol”.

Le parole di Besnati trovano conferma nel dottor Luigi Simonetto, presidente della Commissione Tutela e Salute della Federciclismo:

“Il problema c’ è e non va sottovalutato. Va monitorato e arginato, anche se la figura del medico, paradossalmente, oggi sta andando via via indebolendosi. Ora una moltitudine di soggetti, dalle competenze più svariate, ruotano attorno ad un atleta e non sempre hanno realmente specifiche competenze o rigore professionale. Oggi nutrizionisti, psicologi, motivatori, biomeccanici, preparatori atletici e via elencando formano, senza vero coordinamento, il pool di assistenza all’ atleta. Questo è il vero problema”.

 

 

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