Cancro alla prostata, organi colpiti da metastasi indicano cura

Cancro alla prostata, organi colpiti da metastasi indicano cura

1 Aprile 2016 - di Mari

ROMA – Cancro alla prostata: conoscere gli organi colpiti dalle metastasi per curarlo meglio. Stiamo parlando del tumore più frequente tra gli uomini, con 35mila diagnosi nel 2015. Eppure il tasso di sopravvivenza, in Italia, è piuttosto alto, soprattutto nel Nord del Paese (91 per cento), spiega Fabio Di Todaro su La Stampa. A fare la differenza nella prognosi sono soprattutto gli organi colpiti dalle metastasi.

Perché se è vero che molti dei tumori alla prostata vengono diagnosticati prima che si sviluppino i sintomi attraverso l’esplorazione rettale, alcuni di essi arrivano ad intaccare altri organi, soprattutto linfonodi, ossa, fegato e polmoni.

Spiega Di Todaro:

“Le maggiori chance di avere una risposta positiva alla cura appartengono a quei pazienti colpiti dal tumore (oltre che alla prostata) al sistema linfatico. Le più ridotte, invece, a chi presenta metastasi al fegato. Nel mezzo chi risulta vittima di metastasi ossee e polmonari. L’organo verso cui si diffonde la malattia ha dunque un impatto diretto sulla sopravvivenza: questa la sintesi di una ricerca pubblicata sul Journal of Clinical Oncology”.

I ricercatori hanno analizzato gli esiti della malattia in oltre 8mila uomini colpiti da un tumore alla prostata metastatico, già curati con il docetaxel (uno dei chemioterapici più diffusi per il trattamento della malattia).

Più di sette pazienti su dieci aveva sviluppato metastasi ossee e presentava tassi di sopravvivenza media di poco inferiori a due anni dalla fine delle terapie. Gli uomini colpiti da metastasi linfonodali presentavano i tassi di sopravvivenza più lunghi: 32 mesi. I pazienti colpiti da metastasi polmonari 19 mesi, quelli da metastasi epatiche 14 mesi.

Come ha sottolineato Susan Halabi, docente di biostatistica alla Duke University (Durham) e prima firma della pubblicazione,

“Considerata l’ampiezza dello studio, le informazioni ottenute potrebbero essere d’aiuto per stimare una prognosi e definire il trattamento più adeguato per la malattia”.

Continua Di Todaro:

“Gli uomini colpiti da un tumore della prostata metastatico che si sottopongono alla chemioterapia si sono già sottoposti a un intervento chirurgico, seguito dalla radioterapia o della cosiddetta deprivazione androgenica: un trattamento che consiste nel «blocco» della sintesi del testosterone, l’ormone sessuale maschile che alimenta la crescita e la progressione della malattia. Ma non di rado, soprattutto dopo un lungo trattamento, alcune cellule tumorali sviluppano una «resistenza» ai farmaci. Da qui la necessità di trovare nuove «armi» in grado di arrestare la diffusione della malattia.

“Al momento possiamo contare su diverse opportunità di cura per i pazienti refrattari alla terapia androgeno-soppressiva, partendo da nuovi farmaci ormonali come l’abiraterone acetato e l’enzalutamide”, dichiara Francesco Boccardo, direttore della clinica di oncologia medica dell’Azienda ospedaliero-universitaria San Martino-IST e professore ordinario all’Università di Genova. “Sono meglio tollerati rispetto alla chemioterapia e ciò ne permette un uso più ampio nei pazienti anziani”.

Oltre alle terapie, però, fondamentale resta correggere il proprio stile di vita, anche in età avanzata. Come ricorda Giuseppe Procopio, responsabile della struttura semplice di oncologia medica genitourinaria dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano,

“Correggere le proprie abitudini presenta enormi vantaggi, anche se ciò avviene un’età matura. Negli anziani il rischio di cancro è quaranta volte più alto rispetto ai giovani adulti e quattro volte maggiore rispetto a chi ha un’età compresa tra 45 e 65 anni”.