Giorgio Armani: "Compio 80 anni, ma non ho intenzione di mollare"

Giorgio Armani: “Compio 80 anni ma non ho intenzione di mollare”

16 Maggio 2014 - di Claudia Montanari

MILANO – 80 anni e non sentirli. Giorgio Armani l’11 Luglio compirà 80 anni, di cui 40 di carriera. Ma niente paura: “Per chi se lo stesse chiedendo, non ho alcuna intenzione di mollare”.

Una vita passata “dietro” e “sopra” le passerelle, sempre al centro della scena. Ha creato e lanciato mode, ha saputo sempre rinnovarsi, ha saputo respirare l’aria del cambiamento senza mai tradire i propri ideali e il proprio metodo. Giorgio Armani, Re Giorgio, rimarrà per sempre un tratto indelebile per la moda italiana. Intervistato da Paola Bottelli per il Sole 24 Ore, Giorgio Armani decide di tirare le somme.

Come si legge sul quotidiano, Giorgio Armani archivia in positivo i conti 2013, di nuovo al record di ricavi (2,186 miliardi, in crescita dell’8,3% a cambi costanti), di redditività (l’Ebit è a 401 milioni, +18,2%, con un’incidenza del 18,4% sul fatturato) e di liquidità, circa 700 milioni, dopo investimenti patrimoniali per cento milioni. E alla soglia degli 80 anni, non ha alcuna intenzione di mollare:

Ho ancora grande energia e i miei progetti per il futuro sono concentrati sulla creatività delle collezioni così come sulla strategia globale. Per chi se lo stesse chiedendo, non ho alcuna intenzione di mollare. Coltivo sempre, però, il mio team, per assicurare la necessaria continuità all’azienda”

Nell’intervista, Armani spiega i motivi di questa crescita globale del marchio:

“Indubbiamente l’equilibrio tra wholesale e retail. Altrettanto importante è poi la presenza a livello globale di tutti i marchi del gruppo, capaci di soddisfare sia il mercato del lusso sia quello di diffusione, con proposte di moda formale e informale, uomo e donna. In sintesi, il bilanciamento del portafoglio e il continuo lavoro di miglioramento dei margini lordi rispetto ai ricavi.

Qual è il marchio che ha performato meglio?
C’è un buon apprezzamento del pubblico verso tutti i marchi: registriamo un crescente interesse verso gli accessori, segmento in cui credo molto e sul quale mi sono concentrato più che in passato, e verso EA7, la linea sportiva con un’identità ormai forte e credibile.

Meglio l’uomo o la donna? La declinazione delle collezioni e dunque delle fasce prezzo è un punto di forza?
Sono andate bene entrambe e siamo particolarmente soddisfatti di quelle maschili. La varietà dell’offerta ci garantisce di raggiungere una clientela ampia e variegata, il che è da sempre il nostro punto di forza.

Gli investimenti patrimoniali sono stati importanti: proseguiranno anche nel 2014? Quante saranno le nuove aperture?
Certamente. I progetti di espansione si concentreranno nel rafforzamento della presenza nel settore retail in alcuni mercati chiave a livello globale, con lo stesso ritmo dello scorso anno. In totale ci sono 2.473 negozi nel mondo con le nostre insegne.

Anche la liquidità è nuovamente da primato…
Come ho detto in altre occasioni, la liquidità per me è fondamentale perché mi assicura sonni tranquilli. Una buona liquidità di cassa equivale a indipendenza e solidità: si può rimediare a situazioni impreviste, si possono cogliere sul momento opportunità importanti, e soprattutto non bisogna dipendere da nessuno.

Come immagina il futuro dell’industria italiana della moda? Tutta o quasi nelle mani dei colossi francesi o in grado di “difendere” l’italianità?
Il futuro della moda dipende innanzitutto dalla capacità di mantenere alta l’offerta creativa: è soprattutto a questo livello che si può e si deve difendere l’italianità come valore. Poi certamente quello delle dimensioni è un nodo centrale, vista l’esigenza di disporre di risorse umane e finanziarie ingenti per competere a livello globale.

Quali sono le sue speranze per l’Italia, per il rilancio dell’economia e per la crescita dell’occupazione, soprattutto giovanile?
Le speranze sono ovviamente per una forte e rapida ripresa, della quale si vedono al momento soltanto timidi segnali. Ma il punto davvero importante è che la ripresa non deve intendersi solo a livello economico. Si tratta anche e soprattutto di investire di nuovo nella cultura, nel territorio e nel patrimonio unico del nostro Paese: è così che incoraggeremo l’arrivo di turismo più qualificato dall’estero e daremo nuove opportunità e nuovo entusiasmo alle giovani generazioni.

Pensa che la manifattura italiana, in grado di attirare lo shopping dei clienti-Paperoni con prodotti esclusivi, sia un valore da tutelare?
Assolutamente sì. La qualità della manifattura italiana è enormemente apprezzata in tutto il mondo e dobbiamo far sì che continui a esserlo. Le piccole e medie aziende italiane sono portatrici di un know how unico e inimitabile: non si può rinunciare a questo patrimonio di conoscenze piccole e grandi tramandate nei decenni. È chiaro che, nei confronti delle produzioni all’estero, l’Italia ha una debolezza che deriva da costi di manodopera più elevati, ed è su questo che la politica industriale del Paese dovrebbe dare delle risposte.

Perché ha voluto acquistare tutta la A/X?
È fondamentale mantenere il controllo su un marchio così rilevante soprattutto sul mercato americano. A/X si rivolge a un pubblico internazionale giovane e metropolitano, che ricerca però le qualità del lifestyle Armani. Questa acquisizione ci permetterà di espandere la distribuzione, di intervenire maggiormente sul prodotto e sull’immagine del marchio. Al mercato del fast fashion, che ha effettivamente cambiato il mondo dell’abbigliamento innovando su velocità e costi contenuti, mi ero comunque già affacciato proprio con A/X nel 1991, ed ero stato uno dei primi a farlo.