Tamara Mellon, da Jimmy Choo alle collezioni-flash: la guru delle rivoluzioni

Tamara Mellon, da Jimmy Choo alle collezioni-flash: la guru delle rivoluzioni

18 Luglio 2014 - di Claudia Montanari

LONDRA – Da guru delle scarpe a regina dell’abbigliamento. Quando c’è lo zampino di Tamara Mellon, la rivoluzione è sicuramente dietro l’angolo. Nel 1996 ha fondato, in partnership con l’artigiano di scarpe Jimmy Choo, l’omonima azienda di calzature divenuta famosa in tutto il mondo. Nel 2011 ha lanciato una sua personale collezione di abiti e scarpe sancendo di fatto un’altra rivoluzione: stop alle collezioni stagionali. Via libera, invece, a mini capsule collection che arrivano fresche e nuove su siti e negozi ogni mese.

Ma andiamo con ordine.

Per Tamara l’avventura nel campo delle calzature è iniziata mentre lavorava per Vogue come responsabile della sezione accessori. A quel tempo non vi erano in circolazione scarpe che le piacessero davvero. Detto fatto, Tamara decide di disegnare lei stessa i modelli che le sarebbe piaciuto indossare e farseli realizzare da un artigiano. Il nome? Ovviamente, Jimmy Choo. Grazie a un prestito chiesto a suo padre, nel lontano 1996 Tamara decide di fondare insieme all’artigiano la Jimmy Choo, azienda che diventerà poi famosa in tutto il mondo.

Già all’epoca, Tamara mise in moto una rivoluzione: indossare le proprie scarpe alla cerimonia degli Oscar. Nessuno prima di lei aveva pensato di utilizzare la passerella più famosa al mondo per promuovere i propri prodotti.

Nel 2011, dopo essersene andata da quella che ormai era diventata una multinazionale (non prima di vendere la sua quota di maggioranza ed incassare oltre 100 milioni di euro) Tamara Mellon ci ha provato ancora. Scrive Deborah Ameri sul Messaggero:

“Prima ha pubblicato la sua controversa autobiografia (“In my shoes: a memoir”), poi ha lanciato la collezione di abiti e scarpe che porta il suo nome. Iniziando una piccola rivoluzione. Non più collezioni stagionali, seguendo il calendario delle passerelle, ma mini capsule collection che arrivano online e nei negozi ogni mese. «Nessuno compra il cappotto a luglio», spiega la 47enne britannica (trapiantata ormai negli Stati Uniti) riferendosi alle collezioni invernali che fanno comparsa nelle vetrine già durante i mesi estivi. «La mia filosofia è: acquisti adesso e indossi subito. Sono stufa di dover pensare al mio guardaroba primaverile ed estivo a febbraio. Tutto è iniziato con internet. Ora le donne comprano oggi sul web quello che voglio mettersi domani. Ma il mondo della moda non l’ha capito, è rimasto ancorato al passato»”

Tamara colpisce ancora:

“In America i grandi magazzini di lusso hanno iniziato a vendere i suoi abiti e adesso l’intraprendente Tamara ha appena lanciato il suo store online in Gran Bretagna. «Ma l’espansione non finisce qui – ha dichiarato al Times – il prossimo anno aprirò boutique a Londra e New York e poi nel resto d’Europa e nelMedio Oriente». Le nuove Jimmy Choo (anche se lei non apprezza la definizione) hanno poco da invidiare alle originali. Super sexy, materiali di qualità, design tradizionale con tocchi stravaganti (il leopardato e il rosa metallico, per esempio, o la pelle di serpente argentata. Prezzi variabili da 570 a mille euro). Sono le scarpe che Mellon adora avere nel suo guardaroba anche se spesso, nel suo ufficio su Madison Avenue a Manhattan, indossa le ballerine”

Il pezzo forte della sua nuova/nuovissima collezione? Indubbiamente il i legging-boots:

Il legging-stivale. Nove centimetri di tacco che poi continuano all’infinito fino alla vita. Il legging e la scarpa sono un tutt’uno. In nappa o camoscio, costano intorno ai 2.400 euro, ma secondo Mellon sono soldi ben spesi perché questo è un capo «essenziale», anche se sembra tremendamente poco pratico (immaginate toglierseli in aeroporto?). «Quando li indossi ti accorgi che sono un capo base. Ci puoi abbinare il golf del tuo fidanzato o un top di paillettes e non hai bisogno di altro», li elogia Tamara. Wonder Woman li apprezzerebbe moltissimo. Di certo hanno un che di fetish che li può rendere, a seconda dei gusti, desiderabili o ridicoli”

 

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