A Ferrara l’artista è una donna con la catena al collo

8 Maggio 2012 - di lbriotti

FERRARA – Fino al 10 giugno prossimo, al Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara è esposta la mostra collettiva “Violence – L’arte interpreta la violenza”. Curata da Lola Bonora e Silvia Cirelli e organizzata dall’Udi, la rassegna tratta temi di schiacciante attualità: promossa per la XV Biennale Donna, propone un percorso attraverso l’opera di sette artiste (Valie Export, Regina José Galindo, Loredana Longo, Naiza H. Khan, Yoko Ono, Lydia Schouten e Nancy Spero) che hanno lavorato sul tema della violenza, utilizzando differenti e variegati linguaggi espressivi dalla scultura alla fotografia, dal disegno alla videoarte.

Yoko Ono propone due celebri video, girati a New York e Parigi, che ci restituiscono l’opera Cut Piece. Nella performance la moglie di John Lennon, immobile e inginocchiata sul palcoscenico, invita gli spettatori a tagliare pezzetti del suo vestito, fino a lasciarla nuda.

La pakistana Naiza H. Khan trasforma invece la lingerie in minacciose armature, mentre Loredana Longo crea su un nudo pavimento un deposito di vestiti abbandonati, camicie imprigionate dal cemento e calpestate dai visitatori.

Valie Export presenta Kalashnikov, installazione formata da una torre alta più di tre metri costruita con 105 fucili che, riflettendosi nell’olio esausto alla base della scultura, evocano le guerre esplose per il petrolio. Completano l’installazione due video che mostrano immagini della guerra in Iraq ed esecuzioni capitali in Cina.

Il percorso prosegue poi con la video-installazione dell’olandese Lydia Schouten, dedicata alla sua esperienza a New York, in occasione di un soggiorno di alcuni mesi alla fine degli anni Ottanta. Impressionata dalla costante e inarrestabile violenza e criminalità che invadeva le strade della metropoli americana, Lydia Schouten realizza una variegata opera che prende spunto dalla cronaca nera, riportando notizie di aggressioni, omicidi e crimini realmente accaduti durante la sua permanenza nella Grande Mela.

La rassegna si chiude infine con il  talento dell’americana Nancy Spero. L’artista da qualche anno scomparsa contribuisce con una selezione di disegni e una acuminata installazione.

Altra artista che partecipa all’istallazione è la guatemalteca Regina José Galindo. Con lei, si risprofonda nel “femminicidio” tematizzata in una foto con una donna incatenata dal collo alle mani. “Mentre sono legata in un letto verticale, sul mio corpo vengono proiettate le notizie di violazioni e di abusi commessi contro le donne in Guatemala”, ha dichiarato a proposito del video “El dolor en un panuelo”, nel quale sul suo corpo nudo, con il pube depilato, si susseguono pezzi di giornale sui massacri femminili.