Sushi, in Italia tanti ristoranti giapponesi ma solo 50 sono "autentici": come riconoscerli

Sushi, in Italia tanti ristoranti giapponesi ma solo 50 sono “autentici”: come riconoscerli

13 Luglio 2015 - di aavico

ROMA – In Italia i ristoranti giapponesi sono tantissimi, molti aperti negli ultimi anni con il boom della moda del sushi. Ma non tutti sono autentici, anzi in realtà quelli che fanno sushi 100% fedele alla tradizione nipponica sono meno di 50. Ma allora come riconoscere uno autentico da uno che non lo è? Giulia Cacopardo per Il Fatto Quotidiano ha intervistato Annalena De Bortoli, coordinatrice dell’Associazione Italiana Ristoratori Giapponesi. Ecco alcuni passaggi:

Quanti sono in Italia i ristoranti giapponesi? I ristoranti a insegna “giapponese” sono infiniti: nella sola Milano se ne contano più di 400. Di “autentici” giapponesi a Milano – sempre tenendo come termine di paragone il capoluogo meneghino – ce ne sono meno di una ventina e, in totale, forse meno di una cinquantina in tutta Italia.

Cosa s’intende per “autentico” giapponese? S’intende un ristorante in cui lo chef o uno dei titolari sia giapponese, quindi conosca profondamente la tradizione gastronomica giapponese, le metodologie di preparazione del cibo, le materie prime tipiche e che poi scelga di usarle secondo il proprio stile – tradizionale o anche contemporaneo – con la consapevolezza di quali materie andrebbero selezionate, di come trattarle e di come servirle.

E allora come riconoscere i finti dagli autentici?

I ristoratori e gli chef “non giapponesi” in genere non conoscono la tradizione e spesso utilizzano il sushi come strumento di comunicazione e promozione del proprio ristorante per poi servire non solo sushi, ma anche altri piatti che nulla hanno a che vedere con la cucina giapponese. Molti ristoranti a insegna “giapponese” sono cinesi e spesso i ristoratori abbinano le due cucine, perché utilizzano alcune materie prime simili, come il riso, la soia o il vino di riso, che fanno parte anche della cucina tradizionale cinese. Mediamente lo chef di un ristorante non autentico giapponese non ha studiato per anni cucina giapponese ma ha semplicemente, in genere, assistito uno chef giapponese per qualche mese o ha seguito corsi specifici di qualche settimana. Pertanto è difficile che abbia la capacità effettiva di selezionare il pesce, di tagliarlo, condirlo e proporlo nel modo corretto, parlando di sushi.

Tutta una serie di distinzioni si possono poi fare anche per materie prime, come la soia giapponese e il sake dei quali esistono tante varietà e qualità e che vanno selezionati anche in base al piatto che viene preparato. Non sempre chi ha una formazione poco approfondita di cucina giapponese utilizza i prodotti giusti. Il wasabi è una radice giapponese piccante di colore verde che in Giappone si grattugia direttamente davanti al cliente. In Italia è di difficile reperibilità, quindi è usato di solito in polvere o in pasta.