Grandi chef spesso in tv, rende più del ristorante

Grandi chef spesso in tv, rende più del ristorante

11 Marzo 2014 - di aavico

ROMA – Perché mai gli chef di livello internazionale passano più tempo negli studi televisivi che non presso il proprio ristorante? La risposta è semplice: la gestione di un ristorante di qualità, sia esso in Italia o all’estero, permette di guadagnare di più con le attività “off-farm” che non con il ristorante stesso inteso nella sua formula più tradizionale. Se possibile, quindi, i grandi chef preferiscono sfruttare al meglio le opportunità di new business che la popolarità gli permette di ottenere. Almeno questo è quanto sostiene una ricerca nazionale messa a punto dalla società di consulenza turistica Jfc sul tema “Esiste un futuro per la ristorazione di qualità?” che fornisce numeri, prospettive e tendenze per il 2014.

I ristoranti di qualità in Italia, quelli segnalati dalle principali guide enogastronomiche, che da sempre rappresentano l’apice della ristorazione nazionale – spiega Massimo Feruzzi, amministratore unico di Jfc e responsabile della ricerca – hanno anch’essi visto ridurre drasticamente la marginalità aziendale, ma attenzione: ciò non è dovuto tanto alla riduzione di ospiti, quanto invece all’incremento di tasse, utenze e balzelli, costi di produzione e di prodotti alimentari, etc., che si confronta con una sensibile riduzione del “valore del coperto”, vale a dire la spesa media degli ospiti”.

Tuttavia, sebbene vi sia stata una riduzione della marginalità aziendale, rispetto all’anno precedente, il 2013 ha rappresentato, per i ristoranti di qualità in Italia, un anno di leggera ripresa per quanto attiene i fatturati. Infatti il fatturato di questi ristoranti ha segnato dati in calo per il 38% degli stessi, mentre è pari al 22,5% la quota di coloro che indicano fatturati in crescita nell’anno 2013 rispetto al 2012. Si tratta di un dato che fa ben sperare, soprattutto se si considera che nel precedente confronto (2012 contro 2011) era pari al 61,6% la quota di coloro che dichiaravano un fatturato in calo e solo il 9,6% la quota di chi affermava di aver incrementato il proprio fatturato.

Ed emerge anche un altro fattore: l’incremento, consistente, delle attività di promozione effettuata dai ristoranti di qualità, in particolar modo utilizzando la rete come principale strumento. Anche a questa attività si deve – a detta di molti ristoratori – una caduta non troppo consistente dei fatturati. “Emerge chiaramente – afferma Massimo Feruzzi, amministratore unico di Jfc e responsabile della ricerca – la long tail positiva che è capace di generare la presenza dei cuochi nei programmi televisivi, che va di pari passo con il desiderio degli italiani, ma sempre più anche degli stranieri, di dedicare tempo alla “food experience” in location di fascino, con un servizio di altissimo livello per provare l’esperienza di una cucina creativa o territoriale che sappia creare emozioni positive”. Sono 2.186 i ristoranti di qualità in Italia, selezionati sulla base delle Guide Michelin, Gambero Rosso e L’Espresso.

Questi ristoranti hanno occupato complessivamente, nel 2013, ben 15.188 dipendenti fissi, in calo dell’11,8% rispetto all’anno precedente, quando i dipendenti fissi erano stati 17,220. I ristoranti di qualità in Italia “gestiscono” complessivamente 13.903 coperti, con una media per ristorante pari a 74,3 coperti; l’utilizzo medio annuo dei coperti è pari al 65,8%; infine, il fatturato medio annuo per singolo coperto nel 2013 è stato pari a 16.885 euro. I ristoranti di qualità in Italia, nel 2013, hanno fatturato 2 miliardi 733 milioni di euro per la sola attività “tradizionale”, vale a dire quella ristorativa svolta in azienda ma, rispetto all’anno precedente, hanno perso ben 140 milioni di fatturato (circa il 5%) e, cosa ancora più rilevante, hanno visto ridurre la propria marginalità di circa il 7%.