A Scuola con lo Chef R. Scevaroli: I Lievitati | PRIMA PARTE

10 Febbraio 2016 - di mlantermino

Roma – A Scuola con lo Chef R. Scevaroli:  I Lievitati | PRIMA PARTE.

(a cura di Maria Antonella Calopresti).

Dopo le Lezioni sulla Frolla con lo Chef Pasticcere Massimo Zoli, oggi vi presento il Maestro Riccardo Scevaroli.

L’ho conosciuto sul mio gruppo di cucina e, senza sapere si trattasse di un esperto, subito mi ha colpito la sua conoscenza sui lievitati e la sua grande cultura sulla merceologia, sugli ingredienti, sulla loro reperibilità… Insomma, una cultura a tutto tondo! Inoltre, i suoi modi di far gentili, positivi e incoraggianti, anche davanti a disastri culinari dei nostri utenti, gli hanno permesso di creare un bel clima di fiducia con tutti dove la stima per lui è davvero tanta.
Un grande in bocca al lupo per il suo futuro perché se lo merita tutto! Ed ora ecco due parole su di lui.
Riccardo Scevaroli, 37 anni è originario di Omegna, una ridente cittadina sul Lago d’Orta. Dopo una formazione universitaria nel campo dell’ingegneria, approda al mondo della pasticceria per l’amore e la passione che nutre per la materia. Frequenta numerosi corsi di formazione e di aggiornamento presso primarie scuole di pasticceria specializzandosi nel campo della ristorazione.
Concepisce la pasticceria come metodo, rigore e impegno, conoscenza profonda della materia prima, senza far mancare un ruolo anche all’estetica.
Nel gruppo “Quelli che non solo dolci” insegna le tecniche per ottenere ottimi lievitati anche in casa.

Lasciamo la parola al Maestro Scevaroli.

I LIEVITATI E DINTORNI (Prima Parte)

Parlando di lievitati, come non pensare ai dolci che ci hanno sempre accompagnato nelle nostre colazioni come le viennoiserie e  i grandi lievitati da ricorrenza, quali panettoni, colombe, pandori!?
Prodotti in cui il lievito svolge non solo il ruolo di promuovere lo sviluppo di CO2 (anidride carbonica) ma fornisce anche un contributo attivo alla formazione del mix aromatico finale del dolce.

Viennoiserie e grandi lievitati possono essere classificati come:

  1. a) prodotti a lievitazione biologica e per evaporazione per la viennoiserie, dove la lievitazione del prodotto finale è un mix fra anidride carbonica prodotta dall’azione dei lieviti, combinata alla spinta dell’umidità emulsionata ai grassi presenti nell’impasto
  2. b) prodotti a lievitazione biologica per i lievitati da ricorrenza.

Il lievito quindi svolge un ruolo fondamentale nella corretta riuscita di un buon lievitato e presuppone una buona conoscenza del suo comportamento per dosarlo correttamente e gestirlo altrettanto bene.

Ecco due le tipologie principali di lievito da cui discendono tutte le sottocategorie di agenti lievitanti naturali utilizzati negli impasti:

  1. A) Lievito madre: Come non iniziare da un lievito che ha origini antichissime e che ha rappresentato i fondamenti della moderna panificazione e della pasticceria lievitata. Il lievito madre non è altro che un impasto di acqua e farina, lasciato fermentare in maniera spontanea, in un ambiente idoneo, per un tempo più o meno lungo.

La sua acidificazione e fermentazione sono essenzialmente dovute ai batteri presenti nell’aria che trovano un luogo ideale alla loro riproduzione, dando origine  ad una popolazione fatta da batteri lattici, acetici e lieviti di oltre 250 specie differenti.

Si produce con un impasto idratato al 45% di acqua e farina (200 g di farina di forza, meglio se macinata a pietra, 90 g di acqua), 5 grammi di malto o miele, 3 g di olio.

Per questo impasto si trovano diverse varianti, dove  l’acqua viene sostituita da  succhi di frutta, yogurt, acqua gasata, polpa di frutta fresca… Tutte queste varianti nascono dall’ esigenza di acidificare l’impasto e di fare da starter per la fermentazione.

Si impastano gli ingredienti sino ad ottenere un impasto consistente, si opera un taglio a croce sulla sommità e si pone l’impasto a fermentare coperto da pellicola trasparente forata  per 48 ore. Trascorso questo tempo si procede al primo rinfresco prendendo 100 g di lievito madre dal cuore, scartando la crosta esterna,  si mescola con 100 g di farina e 40 g di acqua.

 Io tendenzialmente preferisco sciogliere il cuore del lievito madre in acqua, con una piccola frusta, per areare il composto, fornendo ossigeno per la futura lievitazione e favorire l’evaporazione delle frazioni aromatiche alcooliche.

L’impasto viene quindi riposto sempre in un ambiente idoneo e a temperatura ambiente.  Da questo momento si procede ai rinfreschi di rinforzo in ragione di 2 al giorno per 12-14 giorni.  Alla fine di questo periodo, il lievito madre avrà acquisito forza necessaria per raddoppiare di volume in 3 ore e avrà una popolazione batterica che conferirà il caratteristico odore acido/fruttato.

Un lievito madre è in buona salute quando il suo PH è fra il 4,5 ed il 5, non ha ovviamente segni di muffe o spore ed il suo odore è gradevole e non eccessivamente acido. Il caratteristico odore è dovuto alla prevalenza di fermentazione lattica rispetto a quella acetica.

Il lievito madre ha innegabili vantaggi per alcuni aspetti fondamentali:

  • La sua acidità di base rende la conservazione del prodotto più lunga rispetto ad un analogo prodotto fatto con lievito di birra. Va inoltre aggiunto che i prodotti con lievito madre si mantengono morbidi per un periodo più lungo di quelli fatti con altri metodi
  • Essendo una pasta acidificata non è necessario fare una biga o un poolish serale accorciando quindi i tempi di realizzazione di alcuni prodotti
  • Usato insieme al lievito di birra, per prodotti a lievitazione mista si ha un sensibile accorciamento dei tempi di esecuzione dei lievitati.

I principali svantaggi del lievito madre in un utilizzo prevalentemente casalingo sono:

  • Necessità di una cura costante e di rinfreschi di mantenimento, più o meno frequenti, in funzione dell’utilizzo. A livello casalingo, dove generalmente i rinfreschi di mantenimento sono spesso molto distanziati per ragioni di scarti e di costo, si ha un lievito di forza non sempre ottimale, con un mix aromatico inferiore a lieviti madre utilizzati con frequenza quotidiana e un comportamento in lievitazione non sempre costante nell’arco del tempo.
  • A livello casalingo dove temperatura e umidità hanno maggiori variabilità che in laboratorio il rischio di incorrere in acidosi o attacchi fungini.

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In collaborazione con il gruppo Facebook “Quelli che non solo dolci”.

Se volete fare delle domande ai Maestri Massimo Zoli o Riccardo Scevaroli potete scrivere a ladyblitz.food@gmail.com

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Maestro Riccardo Scevaroli

 

 

 

 

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