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Unioni civili: Arcigay, approvazione sia con ampio consenso

11 Maggio 2016 - di Silvia_Di_Pasquale

“Finalmente dopo decenni di battaglie siamo arrivati ai giorni nevralgici del voto definitivo sul testo di legge sulle unioni civili. Non abbiamo mandato giù l’amaro in bocca per tutto ciò che questa legge non riuscirà a garantire, tuttavia ora che siamo di fronte all’approvazione del primo provvedimento che regola le unioni tra persone dello stesso sesso non possiamo che auspicare nel più ampio consenso nell’aula”: lo dichiara Gabriele Piazzoni, segretario nazionale Arcigay.

“Abbiamo in molte occasioni sottolineato quanto pesi, in questa vicenda, il bicchiere mezzo vuoto, cioè il mancato riconoscimento della genitorialità della mamma o del papà non biologico nelle famiglie omogenitoriali. Ed è proprio lì che abbiamo fissato la prossima tappa di questa battaglia. Ma non possiamo non sperare in questo frangente in un’approvazione rapida e col più ampio consenso della legge sulle unioni civili, perché in quel testo sono contenuti il riconoscimento e le tutele che tante persone gay e lesbiche attendono da una vita. Un consenso ampio dell’aula della Camera sarebbe il degno riscatto per queste persone, un atto simbolico ma anche la giusta premessa alle tante battaglie che ancora verranno” specifica Piazzoni.

Entusiasmo per il “momento storico” ma anche rammarico per un’occasione perduta: la legge sulle unioni civili è al rush finale e le reazioni delle associazioni lgbt sono tutte improntate a un doppio sentimento. Sono decenni infatti che aspettano un riconoscimento delle loro unioni e ora il traguardo è davvero vicino, ma il fatto che dal provvedimento sia stata stralciata l’adozione del figlio del partner (stepchild adoption) amareggia le famiglie ‘arcobaleno’. “Non abbiamo mandato giù l’amaro in bocca per tutto ciò che questa legge non riuscirà a garantire, tuttavia ora che siamo di fronte all’approvazione del primo provvedimento che regola le unioni tra persone dello stesso sesso non possiamo che auspicare nel più ampio consenso nell’aula – dichiara Piazzoni – perché in quel testo sono contenuti il riconoscimento e le tutele che tante persone gay e lesbiche attendono da una vita. Un consenso ampio dell’aula della Camera sarebbe il degno riscatto per queste persone, un atto simbolico ma anche la giusta premessa alle tante battaglie che ancora verranno”.

Parla di “atto dovuto” Lucia Caponera, vicepresidente di Arcilesbica. “Una legge di iniziativa parlamentare che ha dovuto assecondare il sacro accordo con la voce omofoba della destra, passando attraverso un corridoio di sessismo e ignoranza, non è un traguardo” spiega. Per Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia ed esponente storico del movimento lgbt, resta il fatto che “dopo trent’anni di inutili attese la decisione del governo di porre la questione di fiducia sulle unioni civili è, per tante e tanti di noi, vissuta come una liberazione: finalmente si è vicini al risultato, finalmente si fa sul serio. Ci sarà tempo per le riflessioni e le valutazioni, ma la sostanza rimane: l’Italia è vicina a un importante risultato storico di civiltà e diritto”.

Anche Marilena Grassadonia, presidente di Famiglie Arcobaleno, parla di “momento storico”, ma aggiunge che “le nostre famiglie non possono festeggiare” perchè la legge “non tutela i nostri figli, il loro diritto a vedersi riconosciuti entrambi i genitori”. “Quale padre e quale madre parteciperebbero mai a una festa in cui i loro bambini non sono invitati?” si chiede Grassadonia, che è madre di un bambino e si è vista riconoscere dal tribunale l’adozione dei due figli avuti dalla sua compagna, la quale a sua volta ha potuto adottare il figlio della stessa Grassadonia. Infatti per l’attivista per i diritti lgbt la legge sulle unioni civili “è anche un monumento all’ipocrisia e all’inettitudine di una classe politica che, come Ponzio Pilato, si lava le mani dalle sue responsabilità, lasciando i giudici a decidere caso per caso sul riconoscimento delle nostre famiglie, in quello che si annuncia come un Vietnam nei tribunali, dove alcuni di noi avranno quello che spetta loro, altri no, altri ancora dovranno lottare per anni e anni, tra ricorsi e appelli”.

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