Afghanistan, per la prima volta una donna giudice alla Corte Suprema

Afghanistan, per la prima volta una donna giudice alla Corte Suprema

15 Giugno 2015 - di Mari

KABUL  – Svolta epocale in Afghanistan: per la prima volta nella storia del Paese islamico una donna, Anisa Rassouli, è stata nominata giudice della Corte Suprema, il massimo organo giudiziario del Paese. La decisione è stata presa dal presidente della Repubblica, Ashraf Ghani, che in questo modo ha mantenuto una delle promesse fatte lo scorso anno in campagna elettorale.

Perché il sogno di rompere il monopolio maschile fra i nove membri dell’Alto Consiglio del massimo tribunale afghano diventi realtà bisognerà, però, aspettare la ratifica, fra qualche settimana, della designazione da parte del Parlamento, spesso in polemica con le decisioni del presidente in carica.

Prima di ufficializzare la nomina dell‘avvocatessa Anisa Rassouli, dal 2012 presidentessa dell‘Associazione delle donne giudice dell’Afghanistan (Awja), Ghani ha consultato numerosi esperti ed ottenuto un importante via libera dalle autorità religiose islamiche, che hanno confermato che non vi sono impedimenti per una donna a ricoprire la carica di giudice della Corte Suprema.

Nonostante i quasi 15 anni trascorsi dall’allontanamento dei talebani dal governo di Kabul, designare una donna in un incarico pubblico rappresenta ancora oggi una scelta difficile, un elemento di rottura per la tradizionale, conservatrice e patriarcale società afghana dove, ad esempio, meno del 10% dei magistrati sono donne. E dove le violenze contro le rappresentanti del genere femminile hanno spesso contorni orribili, come avvenuto in marzo nel dramma di Farkhunda, la ragazza di 27 anni linciata e poi bruciata vicino ad una moschea di Kabul da una folla inferocita che la accusava ingiustamente di avere oltraggiato il Corano.

Giorni fa Ghani aveva già adottato una decisione per rafforzare la presenza femminile nel settore dell’amministrazione locale nominando Masooma Muradi alla guida della provincia centrale di Maidan Wardak. Suscitando in questo caso però numerosi rilievi critici dentro e fuori il parlamento, per cui gli analisti prevedono che la prescelta non avrà vita facile, almeno nella prima fase della sua gestione.

La necessità di consolidare i progressi ottenuti dal 2001 nel campo dei diritti delle donne è diventata impellente in queste settimane, allorché sempre più insistentemente si parla di un dialogo del governo di Kabul con i talebani seguaci del Mullah Omar. In questo ambito, rappresentanti degli insorti e delle donne afghane inserite nelle istituzioni e nel governo si sono incontrati ad Oslo all’inizio di giugno per uno scambio di opinioni mirante a verificare se esistono davvero margini per salvaguardare la dignità femminile in un’eventuale futura società islamica di compromesso.